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Trasporto aereo: ATA, con la guerra altri 4 Mld di dollari persi
notizia pubblicata 27 Settembre 2006 alle ore 12:21 nella categoria Territori

Nell’ eventualità, data peraltro a questo punto come molto probabile dagli operatori, di una guerra all’ Iraq, le compagnie aeree statunitensi si
troveranno a fare i conti con perdite aggiuntive per quattro miliardi di dollari nel 2003. Sono queste le indicazioni date dall’ ATA, Air Transport Association, cui fanno capo fra gli altri compagnie come American Airlines e United Airlines. I posti di lavoro in pericolo sono inoltre circa 70 mila, mentre la prospettiva è anche quella della cancellazione di circa 2.200 collegamenti giornalieri. Se ci sarà la guerra – afferma l’ ATA – le compagnie Usa dovranno di conseguenza fronteggiare perdite complessive per 10,7 miliardi di dollari, contro i 6,7 mld di ‘rosso’ già previsti per quest’ anno indipendentemente da questa eventualità. I 10,7 miliardi di dollari potenzialmente bruciati dall’ apertura di un conflitto militare in Iraq potrebbero, tuttavia, anche essere inferiori al computo complessivo del denaro che le principali compagnie aeree vedranno scomparire dalle loro casse. Sempre secondo la Air Transport Association, infatti, all’ ingente somma (6,7 di perdita ordinaria stimata per il 2003, oltre ai 4 ‘regalati’ dalla guerra) andrebbe poi affiancata una ulteriore perdita di altri 2,3 miliardi di dollari (per un totale di 13 miliardi di dollari) da attribuire al rischio di attentati terroristici, ancora più elevato in
caso di guerra nel Golfo Persico. In base ai calcoli dell’ associazione l’ innalzamento dell’ allarme terrorismo al livello arancione (ossia alto) deciso dall’ Amministrazione Bush lo scorso febbraio ha prodotto un declino del 20% nelle prenotazioni, spingendo le stesse ai minimi da 15 anni a questa parte. Un altro allarme arancione (attualmente il livello di guardia e’ stato riabbassato a giallo, ossia elevato), per non parlare di un allarme rosso, avrebbero l’ effetto di scoraggiare ulteriormente la clientela, deprimendo ancora di piu’ le aziende dei cieli. Qualora all’ avvio di una guerra in Iraq si affiancasse anche un nuovo attentato terroristico, la stima di 70.000 posti di lavoro perduti consegnata dall’ Ata salirebbe a 100.000 unità e la cancellazione di 2.200 collegamenti giornalieri a 3.800 mettendo a repentaglio anche le società attive nei voli a basso costo e quelle sulle rotte a corto raggio, tra le poche a mantenersi in linea di galleggiamento negli ultimi due anni. Uno scenario decisamente poco confortante – peraltro con United Airlines e Us Airways già in fallimento e American Airlines sull’ orlo del baratro – su cui si allungano le ombre del conflitto iracheno del 1991, quando l’ allora ‘Desert Storm’ portò alla liquidazione della Eastern Pan American Airlines. Per fare fronte alle cattive nuove, i rappresentanti delle principali compagnie aeree americane – che dall’ 11 settembre 2001 hanno perso circa 100.000 dipendenti, tagliato rotte,
diminuito le flotte aeree, eliminato i servizi di catering a bordo – sono saliti in questi giorni a Capitol Hill per chiedere l’ intervento a loro tutela delle stanze politiche del Paese. Tra i temi sul tavolo dei parlamentari americani la richiesta di sgravi fiscali, nuovi parametri per l’ approvvigionamento del carburante e, soprattutto – in caso di conflitto militare – la possibilità di consultarsi su orari e rotte e stabilire in base ai raffronti, frequenze dei voli e servizi. Una pratica assolutamente vietata dalle norme antitrust che
le società dell’ aria vorrebbero potere invece utilizzare in caso di emergenza. Accanto a queste richieste, spicca anche l’ intervento economico diretto (sotto forma di prestiti garantiti) da parte del Governo: una porta, però, che l’ Amministrazione difficilmente vorrà aprire. Dopoo gli attacchi su New York e Washington dell’ 11 settembre 2001, la Casa Bianca ha istituito un organismo destinato ad aiutare le compagnie aeree con un fondo a disposizione pari a 15 miliardi di dollari. Fino ad ora, solo quattro società, la America West, la
American Trans Air, Frontier e la Aloha Airlines hanno ricevuto prestiti per 632 milioni di dollari complessivi mentre Us Airways e Evergreen hanno strappato un assenso condizionato al prestito complessivo di 990 milioni di dollari, ancora bloccato e non definitivo. In attesa di un possibile conflitto, le compagnie aeree stanno mettendo a punto le strategie per ridurre al massimo le perdite: quasi tutte hanno già stilato piani per il cambiamento dei biglietti transatlantici da parte dei clienti senza alcun sovrapprezzo, diverse hanno stabilito acquisti prepagati di carburante per evitare il rincaro del greggio e differito la consegna di velivoli ordinati, oltre alla rinegoziazione di pagamenti a fornitori e creditori.