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La Fiavet non vede di buon occhio il portale del turismo italiano
notizia pubblicata 27 Settembre 2006 alle ore 09:37 nella categoria Territori

La Fiavet non vede di buon occhio il portale del turismo italiano, almeno finchè non ne verrà chiarita la natura e le competenze. ”Ultimamente si e’ parlato di creare un portale del turismo italiano, vaticinato dal ministro Stanca. Oltre alla faraonica spesa prevista, si parla di 140 milioni di euro, sorge spontanea una domanda: lo Stato andra’ a svolgere
l’attivita’ di agente di viaggio o di tour operator? Gli agenti di viaggio italiani saranno assunti dallo Stato o e’ prevista la loro rottamazione? Visto che il ministero del Turismo non c’e’ piu’ c’e’ forse all’orizzonte una ministero delle Partecipazioni Turistiche?”. Gli interrogativi sono stati posti, provocatoriamente, dal presidente della Fiavet, Antonio Tozzi,
nel corso del convegno ‘Turismo: risorsa primaria’, promosso da An, che si e’ svolto ieri nella sala Capranichetta. Tozzi ha ricordato i numeri che il turismo genera: il 7% del Pil diretto, 2,2 milioni di addetti, 270 mila imprese, il 50%
della bilancia commerciale. Eppure, ha sottolineato, la stagione estiva dello scorso anno ha evidenziato un trend negativo caratterizzato da una diminuzione di fatturato e presenze tanto che, in agosto, secondo dati dell’Ufficio Italiano Cambi, si e’ avuta una contrazione dell’8,40% della spesa degli stranieri in
Italia. Una delle componenti che ha determinato il risultato negativo e’ stata la forte contrazione del turismo tedesco che, in termini numerici, ha ricordato Tozzi, e’ il piu’ importante in Italia: nel 2004 ci sono stati 8,4 milioni di arrivi con una flessione dell’8% e 45 milioni di presenze con una calo del 10%
rispetto all’anno precedente. Le cause, oltre alla stagnazione economica che colpisce la Germania, sono, stando a recenti indagine condotte, nella perdita del giusto rapporto qualita’- prezzo, nel potere di acquisto dell’Euro che nei dieci Paesi turistici concorrenti vede primeggiare Egitto e Turchia confinando l’Italia all’ultimo posto, nei servizi alberghieri, non commisurati alla loro classificazione e in servizi extra alberghieri troppo cari.