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Privacy, da rivedere le norme per chi alloggia in albergo
notizia pubblicata 27 Settembre 2006 alle ore 08:40 nella categoria Territori

Occorre rivedere le norme che prevedono la raccolta generalizzata dei dati dei cittadini italiani che alloggiano in albergo. Lo sostiene il Garante per
la protezione dei dati personali, che dice anche no alla conservazione delle schede che albergatori e gestori di pensioni compilano all’arrivo dei clienti per poi inviarle alle autorita’ di pubblica sicurezza. Inoltre spiega che sulle schede devono essere riportate solo le generalita’, non la residenza del
cliente e la data di arrivo.
Il Garante (Francesco Pizzetti, Giuseppe Chiaravalloti, Mauro
Paissan, Giuseppe Fortunato) lo sostiene nel parere fornito al
Ministero dell’interno su uno schema di decreto che regola le
modalita’ per trasmettere alle questure i dati delle persone che
alloggiano negli alberghi, in particolare attraverso reti
telematiche.
Del parere e’ stato relatore Giuseppe Fortunato.
Dunque per quanto riguarda le c.d. ”schedine d’albergo”,
compilate per esigenze di polizia allþarrivo dei clienti, per il
Garante una volta assolto l’obbligo di comunicare i dati alle
autorita’ di pubblica sicurezza tramite computer o su carta, non
devono essere conservate. Il testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza del 1931 non prevede questa conservazione. Quindi
albergatori, gestori di pensioni, appartamenti per vacanze,
affittacamere, gestori di campeggi, ecc.. possono conservare
solo dati eventualmente necessari a fini fiscali e contabili (ad
esempio, informazioni da inserire nella fattura o ricevuta).
Per quanto riguarda la possibilita’ di trasmettere i dati
mediante un collegamento via Internet, per l’Autorita’ sono
necessarie maggiori garanzie nel processo di certificazione
dell’identita’ digitale del sito che riceve i dati, in modo da
assicurare all’albergatore che il destinatario della
comunicazione sia effettivamente la questura. Inoltre la
consegna dei dati alle autorita’ di p.s. dovra’ essere diretta,
specie per le schede cartacee, senza il tramite di altri enti o
soggetti.
I dati raccolti presso uffici ed organi di polizia devono
essere, comunque, conservati separatamente da altri dati
personali detenuti per finalita’ di pubblica sicurezza e
giustizia e deve essere previsto un termine breve di
conservazione. I dati devono essere conservati solo presso le
questure: per il Garante non e’ giustificato anche il loro
inserimento in una banca dati centralizzata quale il C.e.d. del
Dipartimento della pubblica sicurezza. Necessario, poi,
individuare con precisione i soggetti che possono accedere alle
informazioni.
Nel parere il Garante sollecita anche una verifica sulla
necessita’ e proporzionalita’ di una misura che prevede la
raccolta dei dati di tutti i cittadini italiani che alloggiano
negli alberghi e in altri luoghi di soggiorno, ora che e’
intervenuto il Codice sulla protezione dei dati (entrato in
vigore nel 2004) e tenuto conto che la Convenzione applicativa
dell’Accordo di Schengen obbliga a rilevare per fini di polizia
solo i dati relativi agli stranieri, anche europei, che
soggiornano in alberghi e non anche quelli dei cittadini
italiani. La Convenzione prevede, peraltro, che questi dati
debbano essere trasmessi alle autorita’ di polizia solo se cio’
e’ necessario per prevenire o accertare reati.
Il Garante, infine, rileva l’esigenza che venga adottato un
decreto ministeriale che, dando ordine alla materia e certezza
agli operatori nell’applicazione delle norme, sostituisca i
precedenti decreti, alcuni dei quali abrogati o adottati senza
il previsto parere del Garante, che si sono stratificati nel
tempo.