Pur apprezzando l’iniziativa dell’assessorato regionale al Turismo che in questi giorni organizza un educational tour per 15 TO corani nei siti Unesco siciliani, dall'Etna al Val di Noto, alla Valle dei Templi per approdare infine a Palermo e Monreale, ci chiediamo come mai le Isole Eolie – primo sito in Italia ad essere stato inserito nella World Heritage List per gli aspetti naturalistici, oltre che ricchissime per testimonianze storiche (basti pensare al museo regionale archeologico eoliano Luigi Bernabò Brea, all’acropoli di Lipari e ai tre villaggi preistorici di Filicudi, Panarea e Salina) – non sembrano essere state in alcun modo coinvolte nell’operazione.
Anche durante l’ultima Bit di Milano – nell’ambito delle conferenze stampa tenute dall’assessore Cleo Li Calzi – avevamo avuto l’impressione di una rappresentazione distorta e a macchia di leopardo del territorio siciliano e, soprattutto, dell’industria turistica regionale. Non avevamo, in particolare, per nulla apprezzato lo spot all’albergo diffuso e alle dimore storiche, fatti passare quale forma innovativa di turismo (relazionale) e come fossero la panacea ai mali del turismo siciliano.
Ritengo che sia arrivato il momento di darsi delle regole chiare rispetto a come debbano essere rappresentate e promosse le varie destinazioni turistiche siciliane nell’ambito del brand Sicilia. Si utilizzino degli indici di turisticità o qualsiasi altro criterio logico e comprensibile (per gli operatori del settore) attraverso il quale dare spazio ai vari territori. Diversamente, il peso della rappresentanza turistica continuerà a dipendere da fattori che poco hanno a che vedere con una strategia di destination marketing del prodotto turistico Sicilia.