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Antitrust: dubbi su tassa Airbnb. Delusi gli albergatori
notizia pubblicata 28 Novembre 2017 alle ore 13:13 nella categoria Cronaca

“Siamo rimasti sorpresi per la posizione dell’Antitrust che attraverso un parere non vincolante ha espresso dubbi sulla disciplina prevista dal Governo in materia di affitti brevi”. Così Giorgio Palmucci, presidente di Associazione Italiana Confindustria Alberghi, commenta la posizione assunta dall’autorità che si è schierata contro la tassa ‘Airbnb’, cioè l’obbligo per gli intermediari degli affitti turistici, che siano portali online o agenzie tradizionali che operano nel settore degli affitti turistici, di raccogliere le tasse al 21% per conto dei proprietari di casa e versarle all’Agenzia delle Entrate.

“Se da un lato si stigmatizza la distorsione della concorrenza in relazione ad altre piattaforme di prenotazione on-line – aggiunge Palmucci – dall’altro non si considera la distorsione della concorrenza che si è venuta a creare in questo anni nei confronti di tutte le altre tipologie di ricettivo che sono invece soggette ad un regime fiscale ben diverso così come a vincoli e burocrazia. Ancora una volta ‘due pesi e due misure’ che certamente non aiutano il mercato”, conclude Palmucci.

Secondo quanto ha scritto l’Antitrust in una segnalazione al presidente del Senato, al presidente della Camera dei Deputati, al ministro dell’Economia e delle Finanze e al direttore dell’Agenzia delle Entrate, “la normativa introdotta con la manovra bis di primavera in tema di regime fiscale delle locazioni brevi appare potenzialmente idonea ad alterare le dinamiche concorrenziali tra i diversi operatori, con possibili ricadute negative sui consumatori finali dei servizi di locazione breve (ovvero sui conduttori)”. L’Autorità premette di essere “pienamente consapevole che l’intervento del legislatore mira a realizzare un interesse pubblico di natura fiscale e a contrastare il fenomeno dell’evasione. Tuttavia l’introduzione dei suddetti obblighi non appare proporzionata rispetto al perseguimento di tali finalità” e quindi danneggia i consumatori. Tra l’altro, secondo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, la norma rappresenta “un unicum nell’ambito del panorama europeo”.