(Giancarlo Dall’Ara) Gli operatori turistici, non solo in Italia, stanno faticosamente affrontando quello che i cinesi hanno imparato a chiamare un “cigno nero”, cioè un evento inaspettato e imprevedibile: l’epidemia del Coronavirus (COVID-19).
Tutti si interrogano sul futuro del turismo cinese, ma al momento solo pochi osservatori hanno tentato di fare previsioni.
Tra chi ci ha provato figura l’Istituto di ricerca Cotri, il quale – nonostante la crisi del Coronavirus – ipotizza nel movimento turistico cinese verso i paesi esteri un incremento del 7% nel 2020, rispetto al 2019. In base a questa previsione nel 2020 si dovrebbe arrivare al numero record di 181 milioni di viaggi dei cinesi verso l’estero. Cotri parte dall’assunto per il quale già nel prossimo mese di aprile si dovrebbe registrare una inversione di tendenza nel turismo cinese outbound.
In effetti la voglia – e anche la necessità – di partire e di andare all’estero è fortissima in Cina, e io lo verifico quotidianamente, ma personalmente non me la sento di condividere queste previsioni, anche se il mio augurio è che sia io a sbagliare.
Al momento – a costo di ipersemplificare – ipotizzerei due possibili scenari per quanto potrebbe accadere al turismo cinese outbound nei prossimi mesi:
Dunque, in ambedue gli scenari, abbandonare il mercato cinese sarebbe un grande errore per gli operatori turistici e le destinazioni, ai quali raccomando di considerare che in Cina il tema di attualità riguarda la possibilità di vivere uno stile di vita sostenibile e sano, e conseguentemente la domanda di un turismo che sia coerente con questa scelta, assieme al desiderio di andare in vacanza in luoghi lontanissimi da quelli dove l’epidemia è esplosa, e più in generale consiglio di continuare a monitorare il boom delle vacanze legate al tema della salute e della alimentazione sana.
Quello che mi preme sottolineare però è che tra gli impatti dell’epidemia del Coronavirus c’è una forte accelerazione dell’innovazione digitale dell’economia cinese, che spinge a testare e perfezionare utilizzi diversi delle nuove tecnologie, dell’Intelligenza artificiale, dei droni…, e perfino delle APP e del loro utilizzo sociale. In altre parole uno degli impatti con i quali occorre fare i conti riguarda la velocità dei cambiamenti che stanno avvenendo anche nel comparto del turismo cinese. Si pensi solo alle soluzioni che vengono adottate in questi giorni in Cina per erogare servizi personalizzati, evitando i contatti tra le persone.
Il rischio per gli operatori italiani, da questo punto di vista, è anche quello di trovarsi impreparati, dopo la crisi, a dare risposte alle esigenze del trade e della domanda cinese, ed è forse questo lo scenario sul quale, per il futuro, è necessario riflettere di più. E’ stato infatti correttamente osservato che il turista non è solo un consumatore esigente, è anche una persona che desidera proposte personalizzate e sempre di più ama viverle utlizzando e “sperimentando” l’innovazione. Dunque, anche per gli operatori italiani, è questo il momento ideale per innovare e non farsi cogliere impreparati una volta superata la crisi.
Un’ultima considerazione: questa non è la prima epidemia che colpisce il gigante asiatico, e non può restare senza risposta quanto ha chiesto la Fondazione Italia Cina: ”la crisi era imprevedibile e quindi bisogna solo valutare la tempestività e l’efficacia delle misure di contenimento, o sono in discussione anche le misure sanitarie preventive in un Paese che vive la seconda epidemia in 17 anni, caso unico nella storia recente?”