edizione Sicilia
I primi amori, Lampedusa e le emergenze che diventano lezioni di vita
notizia pubblicata 13 Marzo 2020 alle ore 14:15 nella categoria Editoriale

(di Toti Piscopo) Di venerdì 13 e alla vigilia di questo primo week end di #iorestoacasa la mia riflessione per questo editoriale mi viene suggerito da un ricordo giovanile, gradevole e significativo, almeno per me e maturato oltre 50 anni fa nella splendida isola di Lampedusa.

Mi è tornata in mente alla vigilia di questa grande emergenza da quando la disperata invocazione “siamo tutti sulla stessa barca” è stato adottato come leit motiv che ha ispirato il laico 11° comandamento #iorestoincasa quale antidoto di massa per contrastare l’infido coronavirus ormai elevato a rango di pandemia.

Lampedusa fu una delle primissime destinazioni scelte dalla comitiva che allora frequentavo per un soggiorno estivo, affrontato con il gusto degli esploratori, dotati di curiosità e privi di risorse economiche. Una scelta certo non dettata da interessi culturali o antropologici ma solo dalla speranza che in quella terra bella e selvaggia, tra un mare e un cielo mozzafiato, ci fossero le condizioni favorevoli per far maturare i primi amori.

Un numero di telefono dell’unica locanda con ristorante sul porto sembrava essere il naturale approdo per la giovane comitiva. L’oste fu disponibile e accettò la nostra prenotazione riscontrando positivamente qualunque nostra richiesta. Arrivò il giorno della partenza da Porto Empedocle e dopo un’interminabile notte, allora come oggi, di navigazione e una breve sosta in alto mare all’altezza di Linosa per consentire lo sbarco, a mezzo chiatta, di uomini e mezzi lì destinati, lo sbarco a Lampedusa, sempre a mezzo trasbordo, essendo allora l’isola priva di porto.

L’oste ci accolse e ci assegnò le camere che solo allora ci comunicò essere a casa di pescatori, posizionate dall’altra parte del paese, mentre colazione e pasti sarebbero stati da lui serviti. Ci spiegò anche che non si trovavano lontano, il paesaggio era molto bello ed era un modo per avere un contatto con l’isola. A quell’età ci si lamenta e si grida più per atteggiamento che per convinzione ,ma poi zaino in spalla e vai cantando e ridendo. Mi scuseranno i lettori se mi dilungo nella descrizione ma stando a casa, sia chi scrive sia chi legge, può essere per entrambi di conforto.

Le case occupate da tutto il gruppo si rivelano ospitali ed accoglienti al pari dei padroni di casa, famiglie di pescatori tutti parenti tra loro, cordiali, stranamente discreti, almeno in apparenza, allegri e determinati. Di giorno al mare, di sera a bivaccare ma sempre in allegria ed il massimo dell’intrattenimento, non dovuto ma gentilmente offerto, era il classico e tradizionale tocco di birra riservato solo agli uomini e su invito ed a cui partecipava il nostro padrone di casa, comandante di un peschereccio con tutto il suo equipaggio.

Fu una serata interminabile ed indimenticabile che si concluse, saltando i particolari, l’indomani mattina con i racconti del comandante che si esaltava quando parlava del suo lavoro dimostrando passione, umanità, determinazione per le piccole e grandi avventure e descrivendo la bellezza dei tramonti e delle albe. Mi sembrava tutto troppo bello ed altrettanto facile ed incredibile che la sua vita fosse caratterizzata solo da bei ricordi o bei pensieri.

Ero dubbioso e gli chiesi se avesse qualche ricordo meno felice o avesse vissuto un’esperienza indimenticabile. “Certo – rispose – Non c’è stagione che, andando per mare non ti capita un temporale, una tempesta, una bufera. E’ il momento peggiore, ma anche il più esaltante, ti senti sicuro perché sai di non essere solo ma con il tuo equipaggio. Senti che le forze della natura ti stanno mettendo alla prova e devi rispettarle pur essendo determinato non a vincerle ma a dominarle, non lo fai da solo ma con il buon Dio che ti protegge ed il tuo equipaggio che ti assiste, uomini come te, pensi alla tua famiglia, pensi alle loro famiglie che poi sono anche le tue. Imprechi, gridi, li incoraggi, senti forte la responsabilità, il dovere di non abbandonarli. Percepisci che salvare loro vuol dire salvare te stesso perché in fin dei conti siamo sulla stessa barca. E poi – concluse con un sorriso a 360 gradi – appena superi la bufera il cielo torna a sorriderti, il mare a purificarti e la terra a farti vivere”.

Un ricordo, un quadro di vita, una lezione di vita senza tempo e una riflessione che l’oste, così come il comandante, senza che lo sapessero, oggi possono essere considerati di fatto pionieri di quello che viene definito “turismo esperienziale”.

Appena finisce l’emergenza voglio tornare a Lampedusa da esploratore, viaggiatore e turista.