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Guide Turistiche Italiane denuncia la mancata riforma professione
notizia pubblicata 27 Dicembre 2021 alle ore 12:27 nella categoria Associazioni

“Le guide turistiche sono invisibili. Le nuove restrizioni penalizzano non solo la ristorazione, presa sempre a metro di misura dello stato di salute del Paese, ma anche le guide turistiche, che veicolano cultura e arte e non vengono mai considerate. Perché la verità è chi opera nel comparto non è considerato un lavoratore, un professionista che ha il diritto di stare nel mercato. Noi siamo i grandi assenti dei dibattiti, dei confronti, dei progetti. Un ristoratore vale 100 guide. L’importante è mangiare fuori, a mascherina abbassata, entrare nei musei con la FP2 è secondario”. Ad affermarlo i vertici di GTI-Guide Turistiche Italiane, associazione nazionale che siede ai tavoli ministeriali, che non nasconde la grande amarezza per restrizioni natalizie, legge di bilancio e mancata riforma della professione –  che prevede l’abilitazione con patentino nazionale –   ferma dal 2013.

“Il Premier Mario Draghi e il Ministro del Lavoro Andrea Orlando hanno motivato con la giustificazione che la stessa riforma è rimandata al Senato, dove giace da mesi – incalzano presidente e vicepresidente, Simone Fiderigo Franci e Claudia Sonego – senza essere mai inserita nell’ordine del giorno. Viene il dubbio che il tema non solo non lo si voglia affrontare ma forse addirittura affossare, conducendolo a poco a poco nel dimenticatoio. E questo quando esiste pure lo strumento della legge delega”.

Tant’è che come rimarca GTI in Sicilia è stato riaperto un bando fermo dal 2018, con «vecchi criteri che creeranno caos. Gridiamo di essere in Europa ma difendiamo i campanili. Ristori. Dei 2mila 600 euro ricevuti per il 2021 e che verranno forse rinnovati nel 2022 non ci facciamo granché. Noi vogliamo tornare a lavorare, non vogliamo assistenza. Tanto varrebbe allora darci uno stipendio, come prima della pandemia, da liberi professionisti, ce lo facevamo. E’ chiaro che dall’attuale Governo arte e cultura non vengono considerate lavoro ed economia. E questo, in un Paese in cui le si continua ad invocare come volano di sviluppo, è vergognoso”.