“Questo parco deve diventare il parco più bello del mondo. Vorrei riuscire a farlo ritornare la magia di un tempo e che oggi soffre tanto perchè richiede interventi strutturali”. Ad affermarlo Teresa Maffei, direttrice del capolavoro progettato da Luigi Vanvitellialla da poco più di due mesi.
“Bisogna ancora lavorare molto – spiega la direttrice – per far sì che il mantenimento e la cura di questo spazio rientri nelle procedure e nel modo di fare gli appalti. Non si possono fare più appalti-spot di sei mesi in sei mesi. Serve un ragionamento a più lungo termine”.
Maffei deve gestire un pacchetto notevole di interventi, per i quali sta firmando i contratti, “che tra l’altro possono anche interferire con i percorsi museali”: 14 milioni per il restauro di parti di alcune sale, dei tetti e per ristrutturare con nuove funzioni una parte dell’ ala che dà sul parco. Due milioni e mezzo per i giardini. Altri 7 milioni di euro sono stati ottenuti per la messa in sicurezza del parco con sistemi sofisticati che saranno legati anche all’accesso del pubblico.
Per la direttrice della Reggia le strutture devono mettersi al passo con i tempi. “Noi scontiamo un ritardo di venti anni – dice – un po’ perché si è investito poco, un po’ anche forse per il modo in cui il museo a volte è stato visto dallo Stato o dell’ amministrazione pubblica. Un luogo inteso non per le comunità, al servizio della società ma solo per la sua funzione di tutela. E’ bello, invece, vedere le persone che vivono l’ esperienza culturale con continuità”.
La direttrice ribadisce che interventi di restauro e personale formato sono fondamentali per restituire alla Reggia il suo ruolo di primo piano. “Voglio fare in modo – conclude – che della Reggia si percepiscano le qualità in tutti gli aspetti. A me interessa che chi entra qui viva la magia e abbia una idea di che cosa significa la cura del patrimonio. Cose che non si vedono, come gli impianti. Tutto il sistema meraviglioso di acque pensato da Vanvitelli, che è la sua vera genialità, oggi non si percepisce. E non riusciamo nemmeno a raccontarlo”.