Il Covid vaporizza 2,5 miliardi di spese dei turisti stranieri a Roma e nel Lazio. È quanto emerge dal rapporto della Banca d’Italia sull’economia regionale che certifica il crollo del turismo nei primi 6 mesi dell’anno cui è seguita una debole ripresa nei mesi estivi che ha comunque avuto vita breve e che ha interessato soprattutto il turismo domestico, di spiaggia e montagna. A fine settembre le presenze erano “appena l’8% di quelle registrate nel settembre del 2019”. La nuova ondata autunnale di pandemia in Italia ed Europa vanifica le speranze per le feste di Natale e pone una pesante ipoteca anche per la Pasqua del 2021 mentre l’incertezza rende difficili, se non impossibili, stime precise.
La caduta del turismo ha avuto così pesanti effetti sull’economia regionale che si è vista colpire anche nell’export anche se può contare su alcuni punti di forza e di tenuta come la Pubblica amministrazione, le grandi imprese, i servizi e l’edilizia pubblica. Il Pil del semestre è caduto del 10,3%, meno dell’11,8% di quello nazionale grazie a questi settori che hanno limitato i danni e alle misure di sostegno alle persone quali il reddito di cittadinanza e la Cig. In ogni caso il comparto degli alberghi della ristorazione è quello che ha riportato più danni anche per un azzeramento delle crociere. Negli ultimi anni Civitavecchia si era trasformato in uno dei maggiori porti del Mediterraneo per presenze con un numero elevato di visitatori, seppure criticati perché ‘mordi e fuggi.
La Capitale ha subito peraltro in maniera più evidente rispetto alle rivali nazionali ed europee il crollo delle presenze per la sua maggiore dipendenza dai flussi internazionali di visitatori. Nei primi 9 dell’anno le presenze negli alberghi di Roma sono scese del 77% e degli stranieri dell’80%, Il tasso di occupazione delle strutture alberghiere nei primi nove mesi del 2020 è diminuito al 23% dal 74 rilevato nello stesso periodo dell’anno precedente, un calo superiore a quello delle rivali italiane (Firenze, Venezia, Milano) ed europee (Berlino, Londra, Madrid e Parigi).
Nota positiva arriva dalla reazione delle grandi imprese e dei servizi, ben presenti nel Lazio, con l’uso del lavoro agile. Se lo scorso anno solo una su quattro lo utilizzava ora ne fanno ricorso tre su quattro.