L’hotel del futuro tra flessiblità degli spazi, tecnologia e sostenibilità

L’albergo del futuro dovrà tendere a essere uno spazio liquido e poliedrico, capace di trasformarsi. Non sarà più utilizzato solo per pernottare o per un meeting, ma anche per offrire servizi innovativi e qualificati come spazi e servizi per lo smart working; spazi sociali ideali per rilassarsi o incontrare altre persone; zone per il relax psico-fisico; spazi polifunzionali trasformabili per eventi; bar e ristoranti con un’offerta variegata h24; servizi per il tempo libero e per lo sport.

E’ quanto emerge dal report “L’HOSPITALITY DEL FUTURO: TENDENZE, PROSPETTIVE E OPPORTUNITÀ DEL SETTORE ALBERGHIERO IN ITALIA”, realizzato dall’Ufficio Studi Gabetti in collaborazione con Federalberghi e il patrocinio di Enit, Assoimmobiliare e Fondazione Università Cà Foscari.

“L’hotel del futuro in realtà non potrà avere un solo format o un solo modello di successo, ma vi saranno innumerevoli combinazioni, influenzate dalle diverse caratteristiche ambientali, sociali ed economiche del luogo in cui sorge, dal profilo di clientela cui oggettivamente intende rivolgersi e dalle caratteristiche dell’investitore/proprietario”, ha spiegato Emilio Valdameri, responsabile Hospitality&Leisure Italia del Gruppo Gabetti.

Lo sviluppo delle strutture ricettive in futuro si orienterà verso alcune tipologie. In ambito alberghiero prevediamo: aumento del divario tra le varie categorie; concentrazione dell’offerta sui due macro-segmenti “estremi”: hotel di lusso e hotel “economici”, con conseguente crescita per i budget hotel di moderna concezione (gli hotel-hostel di livello superiore), seguiti dai boutique & design hotel e dagli hotel economici (i cosiddetti affordable luxury); evoluzione del segmento “centrale” (hotel 3 e 4 stelle) sempre più orientato a ridefinire la propria offerta in relazione alla location, alla dimensione e al target di clientela. Le tipologie che cresceranno maggiormente, in proporzione, saranno pertanto gli alberghi di lusso e i nuovi budget hotel. Quelle che invece prevedibilmente caleranno riguardano gli hotel caratterizzati da clientela “solo business” e quelli ubicati nelle periferie urbane non rigenerate.

In ambito extra-alberghiero (o para alberghiero) le tipologie emergenti saranno: appartamenti a uso turistico; strutture destinate al turismo all’aria aperta; strutture destinate al recupero psico-fisico; strutture in località amene o nei pressi di attrazioni (ludiche, culturali, paesaggistiche) dove spesso è difficile realizzare un albergo tradizionale.

L’indagine prova anche a capire quali sarebbero gli impatti sul settore ricettivo se la modalità di lavoro agile si imponesse definitivamente. È evidente che smart working vuol dire meno viaggi legati al business e, dunque, questo potrebbe determinare meno clienti per le strutture alberghiere. Allo stesso tempo, trascorrere la settimana di lavoro a casa, che significa risparmio nei costi di trasporto, ma anche minori relazioni sociali, potrebbe incentivare i viaggi durante il weekend legati al leisure come forma di evasione dalla condizione di impoverimento comunicativo, addirittura alienante, che può talvolta produrre lo smart working. Tuttavia, la riduzione dei viaggi per business, fiere ed eventi che significano meno stanze e sale riunioni negli hotel vuol dire più ambienti vuoti e, quindi, una maggiore flessibilità di spazi che potrebbero essere reimpiegati per altre attività.

Una delle ipotesi di riutilizzo di parte degli spazi vuoti delle strutture alberghiere potrebbe essere proprio quella di una riconversione in spazi di co-working, soluzione che andrebbe a soddisfare parzialmente una domanda, sempre più crescente, già da prima della pandemia. Si parla del fenomeno del “Workation”, ossia un neologismo che unisce le parole work e vacation, quale fenomeno emerso durante l’estate del 2020 che si riferisce alla condizione in cui molti lavoratori hanno trascorso le loro vacanze in strutture alberghiere dotate di spazi dove poter lavorare da remoto. Work Hub, Smart Working Room e Smart week sono altri neologismi ormai entrate nelle proposte degli hotel, frutto dell’impatto dello smart woking nell’hospitality. Quello che cambia è il concetto stesso di hotel: sempre più visto non solo come struttura dove pernottare (insieme a tutta una serie di servizi di hospitality), ma anche come uso diurno dell’hotel (pure a ore, in caso di utilizzo di spazi co-working). Uno smart worker potrebbe scegliere l’hotel come luogo dove trascorrere la propria giornata di lavoro, magari quando è in trasferta, e usufruire di servizi quali sale per incontri, ristorante, piscina, palestra, posto auto, ambienti sanificati, etc.

Inoltre, una moderna struttura ricettiva dovrà essere dotata di una adeguata struttura tecnologica a tutti i livelli operativi, il che comporta una progettazione adeguata ai rinnovati modelli gestionali. Tra le applicazioni in ambito alberghiero: servizi robotizzati, assistenti virtuali, scrivanie interattive, video wall, letti fluttuanti, mobile interface, voice control, biocheck-in.

“In uno scenario di grande incertezza – ha detto il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca – possiamo ragionevolmente ipotizzare che al termine di questa lunga ‘traversata del deserto’ ci troveremo a confrontarci con un mercato ancor più competitivo, in cui sarà la qualità dell’offerta a far la differenza. Accessibilità, qualità, sostenibilità, digitalizzazione sono le parole chiave che devono ispirare l’azione di rilancio della destinazione Italia”.

Il centro studi di Federalberghi stima per il 2020 un calo delle presenze complessivo del 56,1% ovvero circa 245 milioni di presenze totali perse soprattutto a causa del calo del 74% delle presenze di non residenti e del 37,9% di quelle italiane. Per i prossimi 2/4 anni, le previsioni degli esperti internazionali del settore indicano una crescita progressiva con un ritorno ai risultati conseguiti nel 2019. La variabile tempo dipenderà dalla diffusione del vaccino anti Covid-19, che dovrebbe permettere un ritorno alla normalità sanitaria a partire dal prossimo anno. Dal 2024/2025 in poi è ragionevole pensare che, se non interverranno altri fattori dirompenti, i flussi turistici riprenderanno la loro naturale evoluzione.

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