Nel 2019 gli italiani hanno pubblicato su Airbnb circa 415mila annunci, per un totale di 1,8 milioni di posti letto. Ma quasi un posto letto su due non fa parte della ricettività ufficiale: le sistemazioni regolarmente registrate – tra alloggi in affitto e bed & breakfast – sono infatti solo 950mila in appena 135mila esercizi, circa la metà del totale messo a disposizione sul portale. A scattare la fotografia di questo settore così vitale ma così attanagliato dalla piaga dell’abusivismo è un’indagine del Centro Studi Turistici di Firenze presentata durante l’assemblea di Aigo, l’associazione di Confesercenti che riunisce i gestori della ricettività e ospitalità diffusa.
“L’ospitalità diffusa ormai – spiega Claudio Cuomo, imprenditore romano, neo eletto presidente nazionale di Aigo Confesercenti – costituisce una delle principali offerte ricettive del Paese, in crescita nel gradimento sia da parte dei turisti stranieri che italiani, perché risponde alle mutate esigenze dei viaggiatori, ormai alla ricerca sempre più dell’esperienza locale originale. Quello dell’ospitalità diffusa è però un settore che va regolamentato: sui portali troppi annunci si collocano in una area grigia, proponendo chiaramente una sistemazione turistica ma non figurando come attività ricettive ufficiali. Un danno per l’erario ma anche per le imprese regolari, che ne subiscono la concorrenza sleale. La presenza delle case vacanze non regolari è altissima in particolare nelle città d’arte.”A Firenze, ad esempio, ci sono 12.356 annunci su Airbnb, ma solo poco più di 1.000 alloggi in affitto ufficiali. A Roma le case vacanza regolarmente registrate sono poco più di 5mila, ma su Airbnb si sfiorano i 30mila annunci. Un’irregolarità impressionante che va risolta urgentemente” aggiunge Cuomo.
Troppe incertezze anche sul campo fiscale. “L’Agenzia delle entrate – spiega – deve ancora chiarire quale volume di affari può essere inteso come integrazione del reddito oppure come proventi da attività di impresa. Sempre sul fronte fiscale occorre urgentemente depenalizzare la mancata e tardiva comunicazione per l’imposta di soggiorno: ci sono gestori che, per una distrazione, rischiano di essere denunciati penalmente per peculato d’uso da molti Comuni. Piuttosto, si trovi un modo per obbligare i Comuni carenti di servizi e tutele per il turista a reinvestire nel loro miglioramento il ricavato dell’imposta di soggiorno”.
“Auspichiamo – conclude Cuomo – che il ministro dei beni culturali e del turismo Dario Franceschini, che ha annunciato di voler metter mano alla riforma del settore, convochi al più presto i rappresentanti delle imprese dell’ospitalità diffusa per arrivare ad una normativa chiara, che non solo regolamenti ma tuteli le imprese ‘a norma’ di un settore che può offrire molto al Paese, in termini di Pil, occupazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare”.