“Possiamo mediare sulla formazione, ma non sulla necessità di un’abilitazione nazionale, che consenta di lavorare ovunque”. Ad affermarlo Simone Fiderigo Franci, presidente GTI – Guide Turistiche Italiane, all’uscita dall’audizione in Commissione Industria, per discutere della riforma della professione di guida turistica prevista nel PNRR.
Vari i punti giudicati ‘negativi’ da GTI sui DDL 1921 e 2087 (disciplina della professione di guida turistica), che andrebbero almeno integrati: dalla scarsa qualità della produzione legislativa al mancato richiamo alle norme vigenti, passando per il mancato inserimento dell’equo compenso. Ferma rimane GTI sulla sua convinzione: “tornare alla territorialità sarebbe come costruire un percorso a ostacoli col solo obiettivo di escludere i professionisti». In netto contrasto, peraltro, con l’idea di rilanciare un turismo che vada oltre le città d’arte. Un ‘insieme’ che disincentiva i giovani dall’intraprendere un mestiere oggi ingessato nella ‘norma’, quando «il turismo è cambiato e deve essere più dinamico per dare risposte celeri”.
Ad esemplificare la difficoltà di diventare guida, Franci ha sottolineato come nel PNRR si preveda per i laureati in Medicina come in Architettura l’eliminazione dell’Esame di Stato, “per noi, invece, sarebbero obbligatorie laurea, corso di formazione di 800 ore ed un esame di Stato”. Il tema, secondo GTI, è dunque non la ‘difesa della categoria’ ma il lavoro. Un punto su cui ha insistito la vicepresidente, Claudia Sonego, che nel rilevare come nell’agenda del Governo sembri esserci il rilancio dell’occupazione femminile, piegata dall’emergenza sanitaria da pandemia, ha puntualizzato come “noi guide siamo soprattutto donne in età compresa tra i 40 e i 50. Se questa riforma venisse così approvata ci troveremmo in enormi difficoltà”.
Caso in cui GTI è pronta per rivolgersi alla Commissione Europea e presentare ricorso alla Corte di Giustizia.