Monta la polemica tra gli operatori turistici dopo che Coldiretti ha reso noto la sua indagine sui prezzi degli alberghi e ristoranti in Italia, secondo cui il Belpaese risulta la meta più costosa.
“L’Italia, come la Francia del resto – commenta il presidente di Federturismo Renzo Iorio – non è comparabile con paesi che operano in regimi di dumping sociale sul costo del lavoro ed inoltre occupa purtroppo il vertice delle classifiche europee per maggiore carico fiscale: è dopo l’Ungheria il secondo Paese in Europa ad aver conosciuto il più alto aumento di tassazione rispetto al pil passando dal 42,4 al 44%. E’ necessario sottolineare come i prezzi degli alberghi in Italia nel 2013 sono rimasti invariati rispetto al 2012 a differenza di quanto accade in Spagna in cui si è registrata una crescita del 3% o in Portogallo e in Germania in cui l’incremento è stato del 5%. L’industria turistica italiana è già oggi chiamata a pagare un prezzo molto alto a confronto con altre destinazioni che presentano costi d’impresa nettamente inferiori ai nostri. E’ quindi evidente che la diffusione di dati allarmistici sugli eccessivi costi delle nostre strutture alberghiere non può che danneggiare l’immagine del Paese e la sua competitività. Per rilanciare il settore – conclude Iorio – è fondamentale puntare sulla qualità e non sulla riduzione dei prezzi né tantomeno sulle aree di ospitalità che godono impropriamente di benefici fiscali”.
Per il presidente di Confturismo Veneto, Marco Michielli, “l’unico merito della Coldiretti è quello di aver messo in evidenza la sperequazione da sempre esistente tra gli operatori italiani e quelli europei sul fronte della tassazione, quindi dei conseguenti inevitabili maggiori costi. Dateci parametri europei – ha aggiunto – e ci adegueremo ben volentieri: toglieteci l’Imu e l’Irap, che in una struttura arrivano a incidere per 10 euro a presenza, dateci costi dell’energia e del lavoro a livello europeo e vedrete come i prezzi si allineeranno”.
Per Confturismo che l’Italia detenga il triste primato della pressione fiscale, mai diminuita, anzi costantemente cresciuta negli ultimissimi anni, è un innegabile dato di fatto. Che i fatturati delle imprese turistiche italiane siano sempre più risicati, a fronte di prezzi rimasti bloccati per anni, è altrettanto vero. “O cambiamo o si chiude”, dice Michielli, che guida anche la Federalberghi regionale. “Si confondono le mele con le pere, cioè si mettono insieme realtà difficilmente comparabili – spiega Michielli – Un esempio per tutti: la Turchia che in un anno ha svalutato del 30% la lira sull’euro e di conseguenza risulta più conveniente. Senza contare che le materie prime anche per la ristorazione in Italia hanno costi ben diversi rispetto a quelli degli altri Paesi”.