Siamo alle porte del primo inverno dopo un biennio di pandemia: una stagione attesa con impazienza tanto dagli sciatori quanto dagli impiantisti. Ma, purtroppo, il settore è alle prese con una nuova crisi, questa volta legata ai costi dell’energia e all’inflazione, mentre ancora si sta riprendendo dalle chiusure imposte negli ultimi anni. Valeria Ghezzi, presidente di ANEF, l’Associazione nazionale esercenti funiviari, interviene su questi temi raccontando le difficoltà, le speranze e l’impegno di un comparto fondamentale.
“Si è parlato molto dell’aumento del prezzo degli skipass, ma vogliamo ribadire che la filiera sta facendo i conti con il caro energia, con l’aumento dei i costi dell’acciaio e del carburante, con l’impennata degli oneri di gestione per garantire la sicurezza degli sciatori. I prezzi degli skipass sono aumentati, in ragione dell’inflazione, ma solo una minima parte dei maggiori costi sostenuti dalle aziende verrà trasferito sui clienti. I ritocchi, infatti, non coprono neppure la singola voce degli aumenti energetici: in caso contrario avremmo dovuto aumentare le tariffe del 30%, mentre i rincari si situano tra il 5 e il 12% – ha detto Ghezzi che aggiunge – chiediamo che il governo riconosca in modo formale le aziende funiviarie quali energivore e le aiuti ad affrontare una situazione di difficoltà che, purtroppo, non dipende dalla capacità imprenditoriale. Non chiediamo ristori o misure di stampo assistenzialistico: siamo consapevoli del fatto che il caro energia riguarda tutte le imprese, nessuno è immune. Necessitiamo, piuttosto, di soluzioni strutturali e non improntate alla contingenza.
Non rappresentiamo solo società impiantistiche: siamo presidi per la montagna. Se chiudono gli impianti, è tutto l’indotto a soffrire. Ciaspole e sci di fondo non sono sufficienti a mantenere la sostenibilità economica di un sistema incentrato sul turismo. Siamo la locomotiva di una lunga filiera: grazie agli impianti lavorano albergatori, commercianti, scuole sci e sci club. In un panorama alpino che vede i comuni morire lentamente per abbandono, è evidente l’importante ruolo economico e sociale svolto delle aziende funiviarie, che evitano lo spopolamento delle aree decentrate così come quello di tutti gli altri operatori che fungono da polo di attrazione per il turismo montano.
Nella stagione invernale 2021/2022 abbiamo avuto la conferma di quanto lo sci sia uno sport amato e ricercato. La clientela italiana ha in buona parte compensato la mancanza degli stranieri, e questo dato è indicativo del positivo andamento del settore, anche se i numeri sono stati lontani dai valori medi degli anni pre-pandemia. Ora ci impegneremo al massimo per trovare un punto di equilibrio economico: per noi è una questione di sopravvivenza. Nonostante l’aumento dei costi di gestione siamo pronti ad assicurare la qualità delle piste grazie agli impianti di innevamento programmato: non è immaginabile una stagione senza neve, penalizzerebbe tutta la filiera. Per il momento ci attendiamo una partenza lenta, con prenotazioni legate soprattutto a soggiorni brevi, in ragione della situazione di difficoltà che caratterizza molte famiglie italiane ed europee”.
Quindi un cenno annche sullo skipass online. “La pandemia – ha sottolineato ancora Ghezzi – ha imposto un’accelerazione importante ai processi di digitalizzazione. Oggi pagare lo skipass online è possibile praticamente ovunque. È un cambiamento che incoraggiamo fortemente: per ragioni di praticità e comodità per il cliente, ma anche perché ci permette di monitorare e registrare i dati relativi ai flussi. In questo modo siamo più consapevoli delle esigenze degli utenti, e possiamo indirizzare meglio le nostre scelte di investimento. Un numero sempre maggiore di sciatori sta scegliendo questa modalità di prenotazione e di pagamento, ma esistono ancora ampi margini di crescita. Infine, per quanto riguarda il reperimento della manodopera la situazione è migliorata rispetto a 12 mesi fa. Il quadro non è più così critico, ma permangono difficoltà nel trovare – in particolare – persone specializzate e qualificate, ma anche lavoratori stagionali ricorrenti. La carenza di personale attualmente si aggira intorno al 10%”.