“Convinti dell’importanza della cultura come motore di trasformazione e fattore abilitante per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile stabiliti nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, chiediamo il pieno riconoscimento e l’integrazione della cultura e dell’economia creativa nei processi e politiche di sviluppo e promuoveremo l’inclusione della cultura come obiettivo autonomo nelle future discussioni su come avanzare nello sviluppo sostenibile dopo il 2030”. Lo scrivono i ministri della Cultura del G7 nel documento finale dei lavori del summit di Napoli. I sette ministri intendono inoltre “promuovere strategie e azioni di mitigazione e adattamento e migliorare la resilienza del patrimonio culturale ai cambiamenti climatici” anche promuovendo “soluzioni climatiche basate sulla cultura, integrando la sostenibilità ecologica come preoccupazione intersettoriale e garantendo che le questioni culturali siano riconosciute nelle politiche e nelle pratiche di gestione del rischio di catastrofi e di cambiamento climatico”.
Tra i temi al centro della dichiarazione finale del G7 Cultura anche la lotta globale al traffico illecito dei beni culturali. “Promuoveremo lo sviluppo e l’uso di strumenti investigativi avanzati basati sull’intelligenza artificiale per analizzare il mercato dell’arte e monitorare e ispezionare il commercio illegale di beni culturali, basandoci sull’esperienza di strumenti esistenti come il sistema di individuazione delle opere d’arte rubate (SWADS) sviluppato dal Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale”.
Dunuqe, con la chiusura del G7 della Cultura, si chiude formalmente l’era di Gennaro Sangiuliano alla guida del ministero della Cultura e, da oggi, il nuovo inquilino del Collegio Romano è Alessandro Giuli. “Ringrazio l’ex ministro Sangiuliano che ha concepito, ideato, voluto e creato le premesse di questo G7 di successo” dice in conferenza stampa a chiusura del summit di Napoli. E se da un lato annuncia che intende fare di tutto per “cercare di non perdere”, come consigliera del Mic, Beatrice Venezi, dall’altra sussurra l’inizio di una nuova via. Le mostre, ad esempio, che erano state da subito “manifesto” della sterzata che intendeva imprimere il suo predecessore alla narrazione culturale del paese, non saranno più appannaggio di indicazioni ministeriali. E a Napoli rimette in agenda gli obiettivi del Piano Mattei per costruire “nuove forme di cooperazione basate sulle esigenze effettive delle nazioni africane e ispirate al rispetto delle loro sensibilità e dei loro interessi, distanziandosi dall’approccio predatorio che ha caratterizzato l’epoca della colonizzazione e quello paternalistico che spesso abbiamo visto negli ultimi sessant’anni”. La cultura, sottolinea Giuli, è quindi uno dei settori di intervento del Piano italiano, “perché crediamo che l’Africa abbia risorse culturali straordinarie e vogliamo collaborare con i governi africani perché siano preservate, valorizzate, sviluppate, celebrate”. E quindi largo alle nuove Pompei africane: “la Tunisia e l’Eritrea hanno siti archeologici di valore straordinario che possono rappresentare per quei Paesi” quello che rappresenta il sito campano per l’Italia. E anche la Nigeria, assicura, è “una grande potenza culturale mondiale”.