Il Boeing 737 Max 9 costretto ad un atterraggio di emergenza in Oregon per l’esplosione di un portellone di sicurezza era stato sottoposto ad alcune restrizioni da parte della Alaska Airlines per alcuni allarmi di pressurizzazione nei giorni precedenti l’incidente. Lo ha reso noto Jennifer Homendy della Ntsb, l’agenzia Usa preposta alla sicurezza dei trasporti. Alcuni piloti, ha spiegato, avevano segnalato l’accensione della spia legata alla pressurizzazione in tre precedenti voli.
La compagnia aveva quindi vietato che il jet facesse lunghi voli sopra superfici d’acqua per poter tornare rapidamente all’aeroporto nel caso si fosse ripresentato l’allarme e, anche se l’aereo era nuovo e certificato, aveva chiesto un ulteriore esame di manutenzione che però “non era stato completato” prima dell’incidente.
Non è chiaro però se ci sia un legame tra questa anomalia e l’esplosione del portellone, che nel frattempo è stato ritrovato nel giardino di una casa. Homendy ha inoltre riferito che non sono disponibili informazioni dal registratore vocale della cabina di pilotaggio, poiché la registrazione è stata cancellata automaticamente dopo aver raggiunto un limite di due ore: un limite che la Ntsb vorrebbe aumentare a 25 ore. Intanto continuano a restare a terra i 171 Boeing 737 che la Federal Aviation Administration (Faa) ha chiesto di ispezionare in modo approfondito dopo l’incidente.
Intanto Alaska Airlines ha dichiarato di aver trovato problemi strutturali, nello specifico dei pezzi allentati, durante le ispezioni preliminari su alcuni aerei Boeing 737 MAX 9 dopo l’incidente della scorsa settimana. Un annuncio simile è stato ufficializzato anche da United Airlines che nel corso delle ispezioni suoi suoi Boeing 737 Max 9 ha rinvenuto dei bulloni allentati. Le “ispezioni preliminari”, fa sapere il vettore, hanno rilevato in alcuni casi problemi di installazione con bulloni allentati. Problemi che saranno corretti per un ritorno in servizio in sicurezza del velivolo.