Prima di sparire nell’oceano, le 239 persone a bordo del volo MH370 della Malaysia Airlines, scomparso sette mesi fa senza lasciare traccia, hanno percepito che l’aereo aveva spento i motori perché il carburante era finito e poi hanno assistito impotenti mentre precipitava verso la superficie azzurra in una lunga spirale: si può solo immaginare il panico a bordo in quegli ultimi minuti di una vicenda che è tuttora uno dei più grandi misteri della storia dell’aviazione.
A questa drammatica conclusione sugli ultimi minuti dei passeggeri a bordo del Boeing 777 decollato da Kuala Lumpur, che l’8 marzo volava in direzione opposta alla rotta prevista verso Pechino, sono giunti alcuni esperti dell’Australian Transport Safety Bureau (Atsb) dopo aver lavorato a lungo a una “simulazione di fine volo”.
“I dati del simulatore – si legge in un passaggio del rapporto dei tecnici – indicano l’esaurimento del carburante nel motore di destra, seguito da arresto della combustione del motore sinistro senza input di controllo”. Secondo questo scenario, l’aereo sarebbe disceso a spirale verso sinistra, finendo in acqua entro una distanza relativamente ridotta, dopo il completo esaurimento del carburante nei motori.
La ricerca del relitto dell’aereo nel sud dell’Oceano indiano è ripreso lunedì dopo una sospensione di quattro mesi. Una nave specializzata noleggiata dalla Malaysia ha cominciato a sondare i fondali. A dare speranza alle ricerche c’è il precedente del relitto del volo dell’Air France in volo fra il Brasile e la Francia e ritrovato nelle profondità dell’Atlantico quasi due anni dopo lo schianto.