Resta confermata la maximulta da due milioni di euro inflitta nel giugno 2019 dall’Antitrust a Costa Crociere per una pratica commerciale scorretta consistita nel non aver fornito ai suoi clienti, in occasione della vendita e dell’organizzazione di due crociere denominate rispettivamente ‘neoRiviera’ e ‘Paradisi sul mare’, un’informazione corretta e tempestiva circa lo stato di emergenza sanitaria in Madagascar. Lo ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto dalla compagnia di navigazione italiana.
Le crociere in questione, della durata di quattordici giorni e datate tra ottobre e dicembre 2017, avevano itinerari nell’Oceano Indiano e soste previste nella Repubblica di Mauritius, nella Repubblica di Seychelles e in Madagascar. Dall’istruttoria svolta dall’Agcm, secondo il Tar “è emerso che Costa Crociere ha continuato a pubblicizzare e a vendere le crociere in questione, comprensive delle tappe in Madagascar, anche a seguito della diffusione dei comunicati ufficiali sull’emergenza sanitaria in atto, senza in alcun modo informare i consumatori di tale circostanza e del fatto che ciò avrebbe potuto determinare una variazione del programma di viaggio”.
E “non è revocabile in dubbio che tali informazioni avrebbero dovuto essere comunicate agli acquirenti delle crociere, per consentire loro di effettuare una scelta commerciale consapevole in ordine all’effettuazione del viaggio, atteso che la decisione in merito non poteva non essere influenzata dalle condizioni sanitarie di uno dei luoghi di destinazione”.
Attività d’informazione che “doveva essere compiuta contestualmente agli avvisi inoltrati dalle Autorità del luogo e dal Ministero degli Affari Esteri, non essendo evidentemente sufficiente una comunicazione ai clienti che intervenga a breve distanza dal viaggio organizzato quando, invece, le notizie in merito ai rischi sanitari risalivano ad epoca precedente”. Secondo i giudici amministrativi, quindi, “risulta corretta la conclusione dell’Agcm secondo cui l’omissione di una corretta informazione da parte dell’operatore professionale ha indotto il consumatore ad una scelta non consapevole”; e “correttamente l’Agcm ha qualificato la condotta contestata come pratica commerciale aggressiva”.