Via alla riforma dei porti, al ministero la regia

La riforma della portualità è stata approvata in via preliminare dal consiglio dei ministri, su proposta del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio. Il piano indica una serie di azioni: semplificazione amministrativa, efficienza nei controlli e nello sdoganamento, promozione dell’intermodalità, investimenti per ammodernare le infrastrutture. Obiettivi che saranno raggiunti mediante un coordinamento nazionale e una razionalizzazione delle politiche marittime. Il piano mette a sistema 700 milioni provenienti dall’Ue, 85 milioni stanziati dal Governo per investimenti nei porti e 600 milioni l’anno stanziati dal Governo per il trasporto via nave.  

Il piano prevede che per migliorare la competitività del sistema portuale e far crescere traffici di merci e persone è necessaria “la razionalizzazione, il riassetto e l’accorpamento delle Autorità portuali” e un “coordinamento nazionale con la direzione generale unica per porti e logistica affidata al Ministero dei Trasporti”.   

Tutto questo perché c’è da porre rimedio alla perdita dei traffici. Dal 2004 al 2014 i porti italiani, scrive il Mit, hanno perso il 7% di quello passeggeri, mentre le crociere crescono del 10% l’anno. “La governance dei porti sconta uno scarso coordinamento nazionale: 24 Autorità portuali, 336 membri nei Comitati, 113 provvedimenti amministrativi all’import-export gestiti da 23 soggetti pubblici responsabili dei controlli. E’ scarso il coordinamento degli investimenti: ogni Ap decide in autonomia le priorità al di fuori di un piano strategico nazionale. La qualità delle infrastrutture è scarsa: l’Italia è al 55/mo posto mondiale dopo Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, Marocco, Croazia. Vi è quindi una inefficienza diffusa”, che costa alle imprese in logistica 50 miliardi, sottolinea il documento di Delrio. 

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