Arriva la ‘fase due’ anche per le frontiere interne Schengen, con una riapertura “tra Paesi” ma anche “tra regioni” “che hanno profili di rischio simili tra loro”. Una soluzione quella proposta dalla Commissione europea che viene incontro anche all’Italia, che potrà così dare il via libera alle sue regioni ad alta vocazione turistica e con basse curve di infezioni per gli arrivi da tutte le altre aree dell’Ue con caratteristiche analoghe.
La mossa di Bruxelles è stata pensata in vista dell’estate, per concedere un po’ di ristoro dopo il flagello della pandemia, ma anche per risollevare il settore turistico, pari al 10% del Pil Ue, cioè a circa 1.400 miliardi di euro.
Oggi la Commissione presenterà le linee guida sui confini proprio nell’ambito di un pacchetto più ampio, che riguarda anche aiuti alle piccole e medie imprese del settore.
Ad aggiornare una lista di regioni a bassa circolazione del virus, in modo tale che “le misure di quarantena a tappeto” nell’area Schengen possano essere progressivamente abbandonate e sia avviata la collaborazione tra Paesi, sarà l’Agenzia europea che monitora l’andamento del Covid-19 (Ecdc). Le revoche dei controlli alle frontiere dovranno comunque essere fatte in coordinamento con i Paesi vicini e la Commissione europea, per evitare situazioni disordinate.
Gli Stati che vorranno cooperare – come hanno già annunciato di voler fare Francia e Regno Unito, o Austria e Germania, dovranno valutare le rispettive situazioni sia in termini di curva dei contagi che di misure adottate (come ad esempio il distanziamento sociale o le app per il tracciamento), oltre alla capacità dei rispettivi sistemi sanitari.
Almeno per il momento sembra invece accantonata l’idea del passaporto immunitario. A pesare a sfavore, secondo gli esperti, il dubbio grado di affidabilità dei test sierologici, che ancora non godono del sostegno dell’Organizzazione mondiale della sanità. E tra le varie ipotesi circolate nelle settimane scorse, anche l’idea dei corridoi turistici non viene sviluppata. Gli spostamenti tra Paesi distanti che vogliono collaborare, come sembrano voler fare ad esempio anche Danimarca e Grecia, dovranno essere in aereo.