L’aereo AirAsia che si è schiantato il 28 dicembre non avrebbe dovuto prendere il volo, perché non aveva la licenza di farlo in quel giorno. Una rivelazione, quella delle autorità indonesiane, che aggiunge un sapore di beffa a una tragedia costata 162 vite. E al contempo, solleva importanti questioni sulla sicurezza, le norme e le infrastrutture di controllo di un settore aereo che nell’ultimo decennio ha visto un boom del traffico in Asia.
Secondo il ministero dei Trasporti di Giakarta, la compagnia aerea malese – che in Indonesia opera sotto il nome di un’affiliata locale – era autorizzata a volare quotidianamente sulla tratta Surabaya-Singapore fino allo scorso ottobre. Per la stagione invernale, tuttavia, il permesso era limitato alle giornate di lunedì, martedì, giovedì e sabato. E l’incidente è avvenuto di domenica. Mentre non è ancora chiaro come l’AirAsia abbia potuto proseguire con voli giornalieri senza autorizzazione, le autorità hanno immediatamente sospeso il permesso per quella rotta, che sul sito della compagnia è ora “non disponibile”.
Nel frattempo, nel mare di Giava prosegue il lento recupero dei detriti dell’Airbus 320-200 e dei corpi mentre le scatole nere, che contengono informazioni cruciali per far luce sulle cause del disastro, non sono state ancora localizzate.
L’incidente è avvenuto pochi minuti dopo la richiesta del volo QZ8501 di salire di quota per evitare delle nubi temporalesche. In base ai dati finora pubblicati, la maggior parte degli esperti crede che l’aereo sia entrato in fase di stallo dopo un’ascesa troppo verticale, che avrebbe fatto perdere il controllo ai due piloti. Altri ipotizzano tuttavia che il volo abbia quasi completato un atterraggio di emergenza sull’acqua, finito male sotto la forza delle onde.