Gli oltre 12 mila dipendenti di Alitalia sono chiamati alle urne. Da domani, giovedì 20, a lunedì 24 aprile dovranno mettere una croce sul Sì o sul No per dire se condividono o meno il pre-accordo siglato la settimana scorsa tra sindacati e azienda con la mediazione del Governo.
I seggi saranno 7, di cui 5 a Fiumicino e gli altri a Malpensa e Linate. Non ci sarà né quorum né voto telematico, mentre potranno esprimersi anche i tempi determinati. L’esito però resta un’incognita, con una certezza: la tensione non fa che salire. Anche perché il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha già fatto sapere che, se vincessero i contrari, “quello che deve essere chiaro a tutti è che si va verso il rischio concretissimo di una liquidazione della compagnia”. L’obiettivo, spiega, non sta nel “mettere più soldi pubblici in Alitalia, ma farla diventare “competitiva”.
Le ipotesi sono due. Da una parte il Sì, ovvero lo sblocco di 2 miliardi di ricapitalizzazione dietro sacrifici che implicano un taglio delle retribuzioni e la gestione di 980 eccedenze. Dall’altra l’amministrazione controllata o lo ‘spezzatino’.
“E’ una situazione molto complicata”, spiega il segretario generale della Uiltrasporti, Claudio Tarlazzi. Tanto che la Uilt “lascia libertà di coscienza” mentre la Filt Cgil un’indicazione la dà, dichiarando che “l’auspicio è per un voto favorevole”. Solo così si potrebbero rendere “più equi e sostenibili i sacrifici”.
Il fonte del No è però già caldo. Nelle file della Uiltrasporti, il responsabile piloti Ivan Viglietti, avrebbe dato indicazione per votare contro la pre-intesa. “E’ un suo parere personale”, taglia corto il numero uno della categoria. Ma è chiaro che i dubbi serpeggiano all’interno delle stesse organizzazioni. Di sicuro il personale navigante è sul piede di guerra. E non indugia l’Anp, l’Associazione nazionale piloti, che rende noto il suo rifiuto.