Un ex ciclista professionista è la vittima italiana dell’incidente aereo in Indonesia

Si chiama Andrea Manfredi, 26 anni, di Marina di Massa (Massa Carrara), l’unica vittima italiana dell’incidente aereo di ieri in Indonesia. Manfredi era un ex ciclista professionista e si trovava a bordo del Boeing 737 Max 8, diretto a Pangkal Pinang, sull’isola di Bangka. Era in Indonesia un po’ per lavoro e un po’ per passione: le sue vacanze erano sempre all’insegna del turismo sportivo, si portava dietro la bicicletta, come aveva fatto anche a Giacarta, e si dedicava a tour ciclistici, con gruppi organizzati. Era partito dall’aeroporto di Pisa il 17 ottobre: prima tappa Hong Kong; il 24 ottobre era salito su un aereo per l’Indonesia e il 26 ottobre aveva già “postato” una foto accanto a un monumento di Giacarta, in tenuta da ciclista.

Un passato da ciclista professionista (nel 2013 ha gareggiato con la Ceramica Flaminia, poi con la Bardiani CSF,) oggi sfociato nella passione per la commercializzazione di biciclette e articoli sportivi. Andrea aveva creato un marchio conosciuto in tutto il mondo nel settore del ciclismo, Sportek Italia, che commercializzava soprattutto innovativi gps per biciclette, da posizionare sul manubrio, in grado di aiutare gli sportivi in ogni momento della corsa. Per promuovere il suo marchio si recava spesso all’estero, partecipava a fiere e tour dimostrativi. Era stato già in Indonesia lo scorso febbraio, proprio per promuovere i suoi “ciclo-computer”.

Centinaia di messaggi, anche di persone che non conoscevano personalmente Andrea, hanno invaso la sua pagina Facebook: Il profilo di Andrea è già stato modificato diventando una pagina “in memoria di” dove chiunque può lasciare un pensiero, un ricordo.

L’incidente all’aereo della Lion Air è stato con ogni probabilità causato da un problema tecnico non ancora specificato. I piloti – un indonesiano e un indiano – avevano segnalato un malfunzionamento alla torre di controllo, ma l’aereo è scomparso dai radar mentre stava invertendo la rotta. La compagnia ha anche ammesso che il velivolo era stato controllato dopo l’arrivo da Bali, su segnalazione dei piloti, ma i tecnici avevano dato il disco verde dopo averlo ispezionato. L’aereo era stato consegnato dalla Boeing solo due mesi fa assieme a un’altra dozzina di velivoli dello stesso tipo, e aveva all’attivo circa 800 ore di volo.

Intanto proseguono le ricerche in mare dei corpi delle vittime e della scatola nera dell’aereo. I soccorritori hanno lavorato tutta la notte inviando 26 feretri all’obitorio, ora in fase di identificazione con i familiari delle vittime in arrivo dalle zone di origine. Finora sono stati recuperati 10 corpi intatti e diversi resti. I frammenti dell’aereo e gli effetti personali recuperati, da documenti d’identità ad abiti e borse trovate sparse sulla superficie del mare, giacciono su un telone in un porto a nord di Giacarta.

L’incidente rappresenta il peggior disastro aereo in Indonesia dallo schianto in mare del volo AirAsia da Surabaya a Singapore nel dicembre 2014, in cui morirono tutte le 162 persone a bordo. È il secondo incidente con vittime per la Lion Air, dopo uno schianto in fase di atterraggio nel 2004 che causò 25 morti a Solo City. Cinque anni fa inoltre, uno dei Boeing della compagnia mancò la pista di Bali in fase di atterraggio, finendo la sua corsa in mare, in quel caso senza vittime tra i 108 a bordo. In un altro caso, un pilota della Lion Air era stato trovato in possesso di metamfetamine poco prima di un viaggio. In Indonesia, un arcipelago di 17mila isole dove i viaggi aerei sono fondamentali per gli spostamenti, le compagnie aeree hanno fama di avere scarsi standard di sicurezza. Per tale motivo erano state escluse nel 2007 dalle rotte verso l’Europa. Progressivamente quel divieto è stato fatto cadere per molte di esse, fino alla revoca completa nel giugno di quest’anno.

 

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