“Gli Stati membri possono vietare e reprimere penalmente l’esercizio illegale dell’attività di trasporto nell’ambito del servizio UberPop senza dover previamente notificare alla Commissione il progetto di legge che stabilisce il divieto e le sanzioni penali per tale esercizio”. Lo ha stabilito oggi la Corte Ue con una sentenza, precisando che il servizio Uberpop rientra nel “settore dei trasporti” e non in quello dei servizi digitali, che invece richiederebbe una notifica in base alla direttiva “società dell’informazione”.
La Corte ricorda che il 20 dicembre scorso ha stabilito, nella causa Uber Spagna, che il servizio UberPop proposto in Spagna rientrava nel settore dei trasporti e non costituiva un servizio della società dell’informazione ai sensi della direttiva. Secondo la Corte, “il servizio UberPop proposto in Francia è sostanzialmente identico a quello fornito in Spagna, spettando al Tribunal de grande instance de Lille il compito di verificare tale punto”.
Il caso ha investito la società francese Uber France che fornisce mediante un’applicazione per smartphone, il servizio denominato UberPop, con il quale mette in contatto conducenti non professionisti che utilizzano il proprio veicolo con persone che desiderano effettuare spostamenti in area urbana. Nell’ambito del servizio fornito mediante tale applicazione, tale società fissa le tariffe, riceve dal cliente il prezzo di ciascuna corsa (per poi rimetterne una parte al conducente non professionista del veicolo) ed emette le fatture.
“Questo caso riguarda dei servizi peer-to-peer (ad opera di autisti non professionisti) che abbiamo sospeso nel 2015. Quello che si è cercato di capire è se una legge francese risalente al 2014 dovesse essere notificata prima alla Commissione Europea. Come ha detto il nostro nuovo Ceo, è opportuno regolamentare servizi come Uber e per questo continueremo a dialogare con le città in tutta Europa”, ha commentato un portavoce di Uber.