Alla fine è stata la pioggia a salvare oltre 2 mila turisti, fra cui una cinquantina di italiani, bloccati da oltre un settimana alla falde dell'Everest, permettendo loro di intraprendere il ritorno a casa. La burrasca ha infatti spazzato via una fitta nebbia che da giorni bloccava i voli e collegamenti nella zona di Lukla e dell'aeroporto Tenzing-Hillary. E così già nel pomeriggio di ieri, 1.600 turisti, fra cui parte degli italiani, erano stati riportati nella capitale Kathmandu dalle stesse compagnie aeree, senza più bisogno dell'intervento degli elicotteri.
La svolta meteorologica è venuta proprio quando l'emergenza ai 2.800 metri di Lukla era giunta a limiti di guardia, con turisti dei cinque continenti che sopravvivevano accampati ovunque dal 31 ottobre. I più fortunati nelle stanze di hotel che si erano rifiutati di abbandonare, altri nelle sale da pranzo e nelle hall degli alberghi, altri ancora in scuole, nell'aeroporto o in tende approntate per l'occasione.
L'impossibilità di atterrare per gli elicotteri, sia quelli messi a disposizione dai tour operator (a pagamento) sia quelli dell'esercito, ha generato tensione e nervosismo fra i turisti, comprensibilmente preoccupati per vari problemi, quali riduzione delle scorte alimentari, scadenze dei visti, perdita di biglietti aerei per tornare a casa e improrogabili impegni di lavoro.