“E’ sconfortante constatare che ormai il mese di giugno per gli italiani e in particolare per gli imprenditori del nostro settore, rappresenti un momento di angoscia poiché porta con sé le scadenze del pagamento di Imu e Tasi”. Interpreta così lo stato d’animo di molti il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, commentando l’appropinquarsi del limite del 17 giugno, giorno in cui i comuni andranno “all’incasso” della prima rata 2019 per le principali categorie di immobili quali prime case di lusso, seconde case, negozi, uffici, capannoni e terreni non agricoli.
“Lo sconforto non nasce certo dall’obbligo di rispettare gli oneri fiscali, quanto dall’entità di tali pagamenti – precisa Bocca – Abbiamo fatto dei passi in avanti, ma la strada è ancora lunga. Per quanto ci riguarda non possiamo che apprezzare l’aumento della deducibilità stabilito dal decreto crescita: questo è senz’altro il segno che stiamo andando nella giusta direzione. Ma il peso della tassazione sugli immobili rimane molto alto, e paradossalmente colpisce ancora più duramente le imprese in crisi, per le quali la deducibilità non produce effetti. Inoltre i nostri parametri sono e restano superiori alla media dei paesi dell’eurozona. Stimiamo – prosegue Bocca – che gli alberghi italiani paghino ogni anno circa 894 milioni di euro solo di Imu e Tasi, equivalenti ad una media di 26.956 euro per albergo e 819 euro per camera. L’onere è aggravato dal fatto che l’imposta si paga anche se la struttura è chiusa o vuota. Noi – conclude Bocca – continueremo a considerare vitale la riduzione della pressione fiscale sui beni strumentali, escludendo gli immobili strumentali dall’Imu, o quantomeno rendendola interamente deducibile dal reddito d’impresa”.