8 miliardi di visite ogni anno nei parchi e nelle riserve naturali di tutto il mondo, per un flusso turistico in grado di generare 600 miliardi di dollari. Per gestire bene queste aree basterebbe reinvestire una piccola parte delle entrate, dai 30 ai 40 miliardi, eppure dai governi mondiali non arrivano più di 10 miliardi all’anno.
A fare il punto è nuovo studio condotto dall’università inglese di Cambridge insieme agli atenei statunitensi di Princeton e Washington, che ha valutato su scala globale la frequentazione delle circa 150mila aree protette della Terra e il giro d’affari collegato tra biglietti d’ingresso e trasporti, ristorazione e pernottamenti.
”Stiamo dimostrando – dice Andrew Balmford, autore principale dello studio – che le aree naturali, attraverso il turismo, contribuiscono in modo significativo all’economia globale. È tempo che i governi investano adeguatamente su queste aree”.
Eppure, invece di aumentare, gli investimenti sembrano diminuire. Negli Usa, ad esempio, dal 2009 al 2013 il budget a disposizione della rete nazionale dei parchi si è ridotto del 13%. In Canada la spesa è stata tagliata del 15% a 800 milioni di dollari locali, nonostante i parchi generino entrate per 4,6 miliardi. In Australia il parco marino della grande barriera corallina nel 2013 ha avuto a disposizione 50 milioni di dollari australiani, mentre 5,2 miliardi sono venuti dal turismo in quell’area. Entrate ora a rischio per il progressivo degrado che caratterizza la barriera ormai da 30 anni.