Il Ddl concorrenza non intaccherà le circa 30 mila concessioni demaniali e turistiche che coinvolgono il mare italiano. In tanti, forse lo stesso premier Mario Draghi, avevano sperato in una rivoluzione in questo mercato, bloccato da diversi decenni e che di fatto non fornisce altro che briciole al fisco. Ma l’opposizione della Lega ha costretto il governo a spostare gli obiettivi.
Già, spostare, perché di fatto le concessioni sono state aggiornate fino al 2033 e l’unico compromesso che si è raggiunto è che il governo organizzerà una “mappatura” di tutte le concessioni attualmente attive, in modo da fornire ai cittadini – ma anche all’amministrazione pubblica – un quadro completo di quale sia la situazione di tutti i beni pubblici che lo stato concede ai privati, quasi sempre a condizioni economiche molto svantaggiose per lo Stato stesso.
Esultano gli imprenditori balneari, a cominciare dal Sindacato Italiano Balneari aderente a Fipe Confcommercio. “Bene l’esclusione dei balneari dal disegno di legge sulla concorrenza. Bene anche la ricognizione delle concessioni dei beni, del resto già prevista nella riforma della disciplina contenuta nella legge 145/2018 (legge finanziaria 2019). È tempo che si applichi, senza indugio, questa legge che delinea un percorso di riforma della materia non più dilazionabile. Non può vivere nell’incertezza la balneazione attrezzata italiana costituita da 30.000 imprese con 1 milione fra addetti diretti e indiretti”, dice il presidente Antonio Capacchione.
L’Italia, però, resta di fatto fuori legge agli occhi dell’Europa. E lo è da 15 anni per l’esattezza. Da quando, nel 2006, l’Europa con la direttiva Bolkestein ha fissato la libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri e impone gare per l’assegnazione delle concessioni pubbliche. In Italia, il 50% delle coste, di proprietà dello Stato, è dato in concessione a privati senza alcuna asta e a canoni molto bassi. Più volte l’Europa ha richiamato l’Italia per il mancato rispetto della concorrenza. Nel 2019 è stato deciso un piano di riforma ma sono anche state prorogate in automatico al 2033 le concessioni balneari esistenti, come chiedevano gli imprenditori. Proroga contestata ancora una volta dall’Ue, ma anche da Consiglio di Stato e Antitrust.