Arriva il via libera alla riapertura degli impianti di sci dal 15 febbraio nelle zone gialle. Ma con una serie di restrizioni: vendita di skipass contingentati, capienza di funivie e cabinovie ridotta al 50% per difetto, seggiovie al 100% solo se non utilizzano le cupole paravento, sistemi per gestire le code agli impianti, regole rigide per l’accesso ai rifugi, mascherina obbligatoria. Il Cts ha invece bocciato la proposta delle Regioni di riaprire anche in zona arancione con la capienza ridotta al 50% su tutti gli impianti e l’uso obbligatorio delle mascherine Ffp2. Per quanto riguarda i comprensori più grandi, quelli che si estendono oltre i confini provinciali e regionali, infine, gli esperti hanno ribadito che dovranno rimanere chiuse le aree che ricadono in zona arancione.
Ma la possibilità che gli italiani possano tornare a sciare dipenderà da una delle prime scelte alle quali sarà chiamato il nuovo governo di Mario Draghi: revocare, o meno, il divieto di spostamento tra le Regioni. Decisione sulla quale peserà anche l’andamento della curva epidemiologica, con gli esperti che già parlano di “un’inversione di tendenza” e si dicono preoccupati dell’impatto delle varianti del virus, soprattutto in Abruzzo e Umbria. Il divieto scadrà tra una settimana.
L’indicazione data dai tecnici al governo Conte era quella di proseguire con la misura almeno fino al 5 marzo, quando scadranno gli altri provvedimenti contenuti nel Dpcm. Indicazione arrivata sulla base di un ragionamento: si stanno esaurendo gli effetti delle chiusure natalizie e solo nelle prossime settimane si potranno vedere quelli legati al passaggio di quasi tutta l’Italia in zona gialla. In presenza di un esecutivo dimissionario e con un nuovo premier incaricato, sottolineano fonti ministeriali, l’attuale governo si occuperà solo degli affari correnti e non deciderà nulla, tantomeno prenderà iniziative per quanto concerne decisioni che vanno ad incidere sulle libertà personali dei cittadini. Il 15 febbraio sarà il nuovo governo a stabilire il percorso da seguire; in caso invece non dovesse essersi ancora insediato un esecutivo, il provvedimento decadrà.
“Ora va tolto il divieto di circolazione tra le Regioni, abbiamo bisogno di sapere che si possa venire in montagna – dice il presidente dell’Associazione nazionale impianti funiviari (Anef) Valeria Ghezzi interpretando il punto di vista di centinaia di imprenditori e lavoratori della montagna -. Non voglio pensare che le imprese interrompano la cassa integrazione per i dipendenti e poi venerdì prossimo ci dicano che non tolgono il divieto di spostamento. Abbiamo già subito tantissimi danni e decine di aziende sono in crisi di liquidità”.
Soddisfatto Marco Bussone, presidente nazionale Uncem (Unione dei Comuni, delle Comunità e degli Enti montani): “finalmente il settore turistico può ripartire. Tutti siamo consapevoli della crisi gravissima che la montagna vive. Tante categorie hanno visto fatturati azzerati. Ripartiamo in montagna dopo le crociere, come molti hanno osservato. Ma finalmente ripartiamo. E aspettiamo i ristori. Con il nuovo Governo la montagna dovrà tornare al centro delle politiche per il Paese. Il turismo invernale è indubbiamente un pilastro dello sviluppo delle Alpi e degli Appennini”.