Il mondo dei TO è ormai anacronistico a qualsiasi latitudine, l’opinione di Franco Grasso

Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’opinione di Franco Grasso, esperto in revenue management, sul fallimento del colosso inglese Thomas Cook.

“La prima reazione alla notizia è stata di sorpresa, la seconda è stata di rabbia – spiega Franco Grasso – centinaia di migliaia di turisti nei guai, albergatori che avranno problemi a incassare e lavoratori che si ritroveranno senza un impiego. Ovviamente continueremo a raccontarci le storie che ci piace ascoltare, storie che trovano sistematicamente i malvagi colpevoli di tutto questo. Manager, banche e complottisti sicuramente ne proporranno alcune, tutte condite con un po’ di macabra creatività e con un po’ di senso del “meglio a loro che a noi”. Lo stesso canovaccio che finora è stato rappresentato sulla scena mondiale per i danni climatici in Antartide o in Africa. Poi un giorno ti svegli e ti accorgi che la vittima sei tu.

Quando cominciai a parlare di revenue le adv sostenevano che internet non fosse affidabile e che viaggiare con esse fosse molto più sicuro. Non era vero allora e lo è ancora meno adesso, come purtroppo stiamo vedendo. Non poteva succedere nient’altro che questo – continua Grasso –  era tutto banalmente prevedibile e purtroppo non credo che Thomas Cook sarà un caso isolato. Ce ne sono stati prima e ce ne saranno dopo.

Le attenzioni dei media e della stampa sono ovviamente rivolte agli aspetti finanziari (banche, finanziamenti, cinesi e molto altro) e sociali (occupazione, disagi, costi), ma credo che pochi abbiano idea di quanto anacronistico sia ormai il mondo dei Tour Operator, di qualunque dimensioni essi siano e ovunque (o quasi) essi operino. Ho passato molti anni a predicare le soluzioni migliori affinché i Tour Operator potessero non solo sopravvivere, ma svilupparsi ulteriormente nel nuovo mercato turistico (molto lo scrissi nel primo libro del 2006). Nonostante questo, la stella della lungimiranza e del buon senso che avrebbe dovuto illuminare il cammino dei Tour Operator non si è mai accesa.

Con sgomento mi chiedo:

Davvero pensavano di poter vendere con tariffazioni statiche – previste mesi prima e per molti giorni/settimane/mesi –  in un mercato dove la leva tariffaria si muove anche più volte al giorno?

Davvero pensavano che bastasse essere on line per riuscire a intercettare il mercato?

Davvero pensavano di avere la competenza di suggerire le tariffe agli hotel per massimizzare le vendite?

Con quale competenza di mercato poi, visto che per loro il revenue e la dinamizzazione tariffaria è da sempre “il nemico”?

E davvero pensavano di poter ragionare in termini di netto hotel insieme agli alberghi disattendendo il selling price finale?

E davvero pensavano che l’anacronistica procedura degli allotment gestiti con release a chissà quanti giorni prima – in voga negli anni ’70, quando io studiavo tecnica turistica all’Istituto Tecnico per il turismo di Roma -, fosse una pratica attuale e produttiva?

Perché questi operatori dettano le leggi di mercato quando non ne hanno le competenze?

Ma soprattutto, perché questo terrorismo nei confronti del futuro delle aziende alberghiere ora che Thomas Cook ha chiuso i battenti?

Immaginiamo forse che queste persone non viaggeranno più? O forse semplicemente utilizzeranno altri strumenti per prenotare?

Se Thomas Cook con i suoi numeri ha destato così tanto clamore, molti altri Tour Operator si sono “spenti” nel silenzio e lontani dai riflettori, lasciando alberghi con crediti non riscossi, turisti in panne e posti di lavoro persi. Molti miei amici che dopo il diploma abbracciarono il mondo aziendale e dei Tour Operator hanno perso il lavoro. Tutti costretti a reiventarsi, tutti nell’ombra, fantasmi senza nome e senza dignità professionale, numeri di polverose e inutili statistiche. Sì inutili, perché non riusciamo ad imparare mai dai nostri errori. Soprattutto non riusciamo a liberarci mai dalla zavorra del nostro orgoglio, che ci spinge a creare una giustificazione o ad accusare altri del nostro fallimento. Thomas Cook era sulla strada sbagliata e alla fine si è perso. Mi auguro – conclude – che il comparto turistico possa crescere, capire e indirizzarsi sulla strada maestra”.

 

 

 

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