Rivolta sui contratti a termine, allarme dal mondo del turismo

Dagli hotel alle pizzerie, dagli stabilimenti balneari ai bar, si diffonde l’allarme per la stretta sui contratti a termine. Le imprese attive nel turismo e nel commercio annunciano così ufficialmente la loro rivolta. Sul piede di guerra la Federalberghi, che stima come durante la stagione estiva lavorino “nel settore mezzo milione di persone assunte a tempo determinato”.

Sulla stessa linea la Confesercenti, che calcola in “633 mila” i contratti a termine in scadenza a fine anno. Rapporti di lavoro che a questo punto rischiano di “non essere rinnovati”. E tutto ciò mentre stanno per iniziare i saldi e i negozi cercano rinforzi. Invece di tutelare dal precariato “così si rischia paradossalmente di crearne di nuovo”, dice la Fipe, che solo nella ristorazione conta 80 mila posti a tempo. E ancora, di una “pericolosa marcia indietro” parla il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli.

Come certificano puntualmente tutte le statistiche, il ricorso al contratto a termine è sempre più gettonato. Se questo è vero un po’ ovunque lo è ancor di più nei settori caratterizzati da una forte stagionalità. Ecco che, rileva la banca dati Excelsior-Unioncamere, nel turismo ha una scadenza un’assunzione su otto.

Vista la situazione, per il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, il settore “non può essere assoggettato alle medesime regole previste per le banche e le fabbriche”. Quindi, propone, o “si modifica radicalmente l’impianto della legge, o si introduce una clausola di salvaguardia per le imprese ed i lavoratori del turismo”. Se invece nulla dovesse cambiare allora, dice Bocca, le conseguenze saranno solo “deleterie”. Guardando alle possibili correzioni di rotta, secondo l’associazione un aiuto potrebbe arrivare dalla “reintroduzione dei voucher”.

Anche alla Confesercenti il decreto non piace. Dati gli ostacoli ai rinnovi “molte imprese”, prevede, cambieranno personale, “evitando di riassumere chi ha già avuto un contratto”. In questo modo, sentenzia, “invece che stabilizzare il lavoro lo si destabilizza”. Sulla stessa linea la Federazione italiana dei pubblici esercizi, che ricorda come negli stabilimenti balneari e nelle discoteche oltre il 30% del personale sia a termine.

 

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