Tanti titolari di stabilimenti italiani avevano esultato nel vedere la ‘collega’ Daniela Santanchè diventare ministra del Turismo e potersi occupare dell’annosa questione della riforma delle concessioni balneari, avviata lo scorso agosto dalla legge sulla concorrenza voluta dall’ex premier Mario Draghi. Ma in seguito le deleghe sulla questione sono state affidate a Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile e per le Politiche del mare nel governo Meloni. E la stessa Santanchè ha annunciato qualche tempo fa di aver venduto le sue quote del Twiga Beach Club, lo stabilimento extralusso di Flavio Briatore in Versilia.
Ma la ministra, durante l’assemblea di Confesercenti, non si è tirata indietro a una domanda della platea sui balneari e ha lanciato anche una forte provocazione: “Sarebbe bene prima assegnare quelle spiagge che ora non sono assolutamente servite: se uno va a vedere le cosiddette ‘spiagge libere’ anche in posti meravigliosi, ci sono tossicodipendenti, rifiuti e nessuno pensa a tenerle in ordine. Ecco, forse potremmo cominciare da lì. Dovrebbero poi essere ovviamente fruibili da tutti quanti, perché non possono essere di qualcuno e non di altri. Ma insomma bisogna pensarla molto bene perché consegnare pezzi del nostro litorale a delle multinazionali non va bene. Dico una cosa in più – ha aggiunto alzando la voce – ci toglierebbe le nostre peculiarità perché nei nostri stabilimenti a seconda della regione c’è un certo tipo di ospitalità, di cibo, di accoglienza. Mi fa sentire male l’idea che tutto questo sia standardizzato: pensate se non potessimo più mangiare i nostri spaghetti alle vongole o la nostra parmigiana di melanzane, cose che sono parte dei nostri valori e della nostra identità. Questo mi preoccupa”.
In precedenza la ministra aveva premesso con un sorriso amaro che non avrebbe voluto parlare di deleghe che non sono sue: “Come sapete le ha il ministro Musumeci. Giustamente perché io sono sempre stata tirata in ballo, non mi vergogno di dirlo, per il “famoso” conflitto di interessi, perché sono 20 anni che lavoro in questo settore. Pensavo che le competenze fossero importanti, ma per una parte non bisogna forse essere competenti… Quindi non mi occupo della Direttiva Bolkestein”.
“L’intenzione politica – ha chiarito Santanchè – è quella che dobbiamo fare le cose bene, non dobbiamo aprire la strada alle multinazionali, non dobbiamo svendere questa parte di patrimonio, come ahimé è stato fatto per altri settori, dobbiamo studiare la questione e avere una mappatura. Ci vorrà del tempo e poi fare delle gare che consentano a chi lavora di poter continuare a farlo perché rappresentano 30 mila aziende e moltissime di queste sono a conduzione familiare”. E ha attaccato: “Il danno più grave che è stato fatto, ed è quello che questo governo non farà mai, è quello di cambiare i patti in corsa. Ricordate infatti che c’era stata la proroga, poi il Consiglio di Stato… Ma io chiedo come si può investire in una nazione se ogni 3 minuti ti cambiano le regole? Abbiamo bisogno non solo di stabilità di governo, ma di stabilità di regole per chi fa impresa. Per cui prenderemo il tempo necessario: credo che prima di 8 mesi o un anno non saremo in grado da fare queste gare”.