Spostamento tra le regioni, governo deciderà i primi di giugno

Se sarà possibile nuovamente spostarsi in tutta Italia o se, invece, ci saranno Regioni che dovranno ritardare di una o due settimane l’apertura dei ‘confini’, si deciderà l’1 o il 2 giugno. Dal 29 maggio dunque, quando arriveranno i dati sul monitoraggio relativo alle aperture successive al 18, il governo si prenderà ancora del tempo per valutare tutti gli aspetti di una decisione dalla quale poi sarà difficile tornare indietro, anche alla luce della ripresa del turismo.

La questione è complessa e ha diverse implicazioni politiche, perché ad oggi – nel caso si procedesse a aperture differenziate – a rimanere indietro sarebbe la Lombardia e, probabilmente, anche il Piemonte. Nella regione più colpita dall’epidemia la curva dei contagi sta calando come nel resto d’Italia, così come sta diminuendo il numero giornaliero delle vittime. Ma i dati dicono anche che in Lombardia c’è da settimane circa il 50% dei nuovi casi e quasi la metà degli attualmente positivi, che sono 24.500 su quasi 53mila. Il virus resta dunque molto presente e secondo gli esperti il vero problema sono gli asintomatici che con una circolazione del virus così forte, sono decine di migliaia e sarebbe impossibile vietarne gli spostamenti. Con il risultato di far circolare il virus nelle altre Regioni dove invece il contagio è rimasto contenuto.

Ecco perchè molti governatori e sindaci, tra cui diversi del sud, in via riservata hanno fatto intendere la loro contrarietà ad una riapertura totale nel caso fossero questi i numeri, minacciando di procedere con ordinanze alla chiusura dei confini regionali. Un atteggiamento che scatenerebbe il tutti contro tutti e che l’esecutivo vuole evitare, cercando di trovare una linea comune. Ecco perché la decisione verrà presa all’ultimo momento, con il Dpcm che scade il 3 giugno.

Gli esperti, tra l’altro, hanno già chiesto, una volta noti i dati del 29 maggio, ulteriori 24-36 ore per valutare l’andamento della curva. Il perché lo ha spiegato lo stesso ministro della Salute Roberto Speranza. “L’incubazione del virus è in media 7 giorni, quindi i dati veri per misurare cosa è avvenuto dal 18 maggio li vedremo solo a fine mese e solo quelli ci consentiranno davvero di capire cosa è avvenuto. Li analizzeremo e sulla loro base prenderemo le decisioni”.

E per capire cosa è avvenuto, ad esempio, in quest’ultimo fine settimana con le immagini della movida da Palermo a Milano, bisognerà attendere il 31. Se non addirittura oltre, come ricorda il professor Luigi Lopalco, coordinatore della task force pugliese. “Gli eventuali effetti di queste aggregazioni li vedremo più avanti, forse a metà giugno, perché quando il virus circola tra i giovani lo fa in maniera molto subdola. Ce ne accorgiamo quando questi ragazzi trasmetteranno la malattia ai loro genitori”. Tutti elementi che fanno dire a Speranza che una “seconda ondata” del virus, forse non in estate ma comunque tra settembre e ottobre, “è prevedibile” e dunque “il paese deve farsi trovare pronto nella sua interezza”. E questo è anche il motivo che porterà nelle prossime settimane il governo a prolungare lo stato d’emergenza per altri 6 mesi, dunque fino al 31 gennaio del 2020.

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