Le immagini di morte che arrivano fin sul telefonino, la soffiata di un venditore d’acqua che fa arrestare i presunti assassini. È la contraddizione del Marocco che con l’orribile fine delle due studentesse scandinave si trova ad affrontare, ancora una volta a sorpresa, il pericolo terrorismo. Nella ricostruzione dell’arresto dei presunti assassini sarebbe stata fondamentale la telefonata di un venditore d’acqua, uno di quei personaggi vestiti di rosso e con strani cappelli che anima il souk di Marrakech. L’uomo avrebbe dato un passaggio ai tre fuggiaschi, sull’autocarro, ma ha visto che dalla borsa di uno di loro spuntavano lame affilate. Così ha dato l’allarme. La polizia ha stretto loro le manette ai polsi sulla strada che collega Marrakech ad Agadir.
Tutto il Marocco è sotto choc: il premier El Othmani, che guida il partito di maggioranza, il Pjd filoislamista, nel condannare il duplice omicidio parla di “pugnalata al cuore del Paese e dei marocchini”. Le mobilitazioni della società civile si moltiplicano e sono previsti sit-in davanti alle ambasciate di Danimarca e di Svezia a Rabat, sabato, a partire dalle prime ore del mattino. Petizioni on line rivolte al sovrano chiedono il ripristino della pena di morte che vige nel codice penale ma non è comminata dal 1993. Desolazione, rabbia, sconforto sono gli hashtag di una campagna via social per denunciare l’orrore e chiedere scusa.
A Imlil, alle pendici del Toubkal, non c’è pace. Tra operatori turistici, guide e pastori c’è il timore che la vicenda getti ombra su tutto il paese. All’improvviso quei 1.600 marocchini foreign fighters che l’Onu stima siano al servizio dell’Isis balzano agli occhi. E cancellano d’un colpo il dato positivo di oltre 11 milioni di turisti arrivati nel 2017. Intanto i corpi martoriati delle due studentesse svedesi sono stati rimpatriati.
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Non andrei in quei posti nemmeno se mi pagassero, non ci sarei andato nemmeno prima di questo terribile evento.
I Paesi afro islamici sono tutti da evitare come la peste.