Emigrazione giovanile in Italia: sempre più giovani scelgono l’estero

Un’attenta analisi del fenomeno italiano dell’emigrazione giovanile consente di capire quali sono le ragioni che spingono i nostri giovani a valutare un’esperienza di studio o lavoro all’estero. Considerando fattori come le opportunità lavorative, la qualità della vita e le prospettive di carriera offerte da altri Paesi, i motivi della scelta appaiono più chiari. Ma quali sono le conseguenze dell’emigrazione, e quanto incide la “fuga dei cervelli” su sistema economico e società italiana?

Cresce il fenomeno dell’emigrazione su base giovanile nel nostro paese

Che l’Italia non incanti più i giovani, favorendo il fenomeno dell’emigrazione, è ormai un dato di fatto. Negli ultimi 18 anni, come stabiliscono i numeri pubblicati nel report sugli italiani nel mondo redatto dalla Fondazione Migrantes, sono quasi 6 milioni gli italiani che hanno optato per vivere all’estero, con un aumento vertiginoso della percentuale salito al 91%, e una netta presenza di giovani fra i 18 e i 34 anni.

I flussi ufficiali sono stati per anni sottostimati. I numeri reali del fenomeno sono, infatti, tre volte tanto quelli resi noti negli ultimi anni dagli istituti di statistica.

Rispetto al fenomeno migratorio degli anni ’50, che vedeva espatriare persone con qualifiche professionali e percorso di studi nettamente inferiore alla media nazionale, oggi, nel terzo millennio, il 30% dei giovani che sceglie di trasferirsi all’estero ha conseguito una laurea.

Scopriamo le ragioni della migrazione giovanile

I giovani privilegiano le esperienze di studio o lavoro all’estero. I motivi vanno ricercati fra le pieghe di una realtà, come quella italiana, caratterizzata da problematiche strutturali, che affliggono la cultura economica e quella sociale. Le carenze dei nostri sistemi fanno emergere l’inadeguatezza e l’insufficienza delle opportunità professionali, così come la scarsa entità delle retribuzioni.

L’esperienza all’estero consente ai giovani di ampliare i propri orizzonti, imparare una nuova lingua, godere di maggiore indipendenza, confrontarsi con mentalità differenti.  Le forme più attuali del mercato straniero del lavoro gratificano maggiormente chi possiede qualifiche e competenze, indipendentemente dalla provenienza geografica. Ecco perché le aziende sono disposte a superare le difficoltà burocratiche, scegliendo di inserire nell’organico personale qualificato, anche se straniero.

La vita in un paese straniero consente ai più giovani di crescere professionalmente e umanamente. Trasferirsi all’estero significa dover affrontare le difficoltà quotidiane lontani dalla famiglia, pensare agli aspetti burocratici, risolvere i problemi di ordine pratico a partire dal trasporto dei propri beni presso la nuova residenza, affidandosi a una ditta di traslochi internazionali.

Opportunità lavorative, qualità della vita e prospettive di carriera nel futuro dei giovani che scelgono di andare all’estero

Tre elementi chiave spingono i giovani verso le esperienze all’estero: maggiori opportunità lavorative, miglior qualità della vita e più interessanti prospettive di carriera.

I giovani che propendono per l’esperienza all’estero lo fanno considerando che il mercato del lavoro in Italia è un mercato sostanzialmente povero, come sottolinea il 68%. Per il 52% il mercato italiano offre poche opportunità, e contratti di lavoro privi di prospettive future come le soluzioni a tempo determinato, a progetto o, nella migliore delle ipotesi, part time (46%). Chi è alla ricerca di un lavoro ben retribuito, in un paese straniero, privilegia realtà territoriali che godono di economie forti.

Se le ragioni della partenza coinvolgono anche le prospettive future di carriera, a pesare sulla bilancia è l’ammontare della retribuzione. Dati alla mano, a un anno dal titolo di studio, il guadagno in un paese straniero è del 41,8% più elevato rispetto a quello percepito in Italia.

Fra le mete prescelte per l’espatrio spiccano Germania, Australia e Canada, che vantano interessanti opportunità di lavoro e stipendi più elevati. In realtà non manca l’attenzione per gli Stati Uniti, e la loro economia, ma accedere al paese è più complicato, a partire dalle difficoltà che si devono affrontare per ottenere un regolare permesso di lavoro.

Canada e Australia, tra l’altro, vantano le prime due posizioni nella classifica dei paesi in cui si vive meglio, l’assistenza sanitaria e il livello culturale sono di alta qualità, e lo stile di vita è equilibrato e appagante. La Germania segue a poca distanza in classifica, rivelandosi prodiga di offerte culturali, di un sistema educativo all’avanguardia, di salde opportunità di lavoro, e di ottimi standard di vita.

Tra le figure professionali più ricercate all’estero troviamo tutta una serie di profili qualificati fra cui spiccano specialisti IT, ingegneri, medici, infermieri, tecnici di laboratorio e operatori socio-sanitari.

Le conseguenze dei ‘cervelli in fuga’

La fuga dei cervelli dall’Italia all’estero, dati alla mano, rappresenta un costo, e fa perdere al nostro Paese circa 14 miliardi l’anno, in pratica quasi l’1% del PIL nazionale.

Il capitale umano formatosi in Italia, grazie alle risorse investite dallo Stato, vola verso l’estero senza contribuire al sistema produttivo del nostro paese, provocando quindi una netta perdita per le casse dello Stato.

Nel medio e lungo periodo, la fuga dei cervelli può limitare le prospettive di crescita economica del nostro Paese, con diretto coinvolgimento delle finanze pubbliche, impoverite dal mancato versamento delle imposte.

Lo scenario è negativo anche in termini di crescita della competitività, quale conseguenza della scarsa presenza di figure professionalmente avanzate, in grado di operare attivamente in Italia.

I limitati investimenti destinati all’istruzione, soprattutto quella universitaria, accentuano il problema e rendono poco competitivi i poli universitari italiani. I nostri atenei non sempre sono in grado di attrarre studenti universitari internazionali, che potrebbero contribuire a mantenere in equilibrio un sistema in evidente stato di difficoltà.

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