Musei vaticani, class action dei dipendenti per diritti

“Le condizioni di lavoro ledono la dignità e la salute di ciascun lavoratore. È evidente la mala gestione, che sarebbe ancora più grave se fosse
frutto della sola logica di ottenere maggiori guadagni”. E’ quanto scrive l’avvocata Laura Sgrò, alla quale si sono rivolti 49 dipendenti dei Musei vaticani – 47 custodi, un restauratore e un addetto al bookshop (su 700 totali) -, che ora minacciano di portare in tribunale il Vaticano, se non verranno cambiate alcune regole che disciplinano il lavoro all’interno della Santa sede.

A lanciare la notizia è stato il Corriere della Sera definendo l’azione come “la prima class action di cui si ha notizia tra le mura di San Pietro”.
Ma il malessere serpeggia anche in altre aree di lavoro tanto che l’associazione dei dipendenti laici (l’Adlv) dice senza tanti giri di parole: “C’è chi rifiuta ogni forma di dialogo”.

Dito puntato contro il Governatorato, l’ente che disciplina i rapporti con i lavoratori dello Stato più piccolo del mondo. Anche per quanto riguarda il caso specifico dei Musei, di fatto la ‘cassaforte’ del Vaticano con le file di turisti infinite e con prenotazioni online esaurite per mesi, l’istanza sarebbe stata notificata nei giorni scorsi proprio al cardinale Fernando Vèrgez Alzaga, presidente del Governatorato. E’ un tentativo di conciliazione per il quale alla controparte vengono dati trenta giorni di tempo, pena l’apertura di un vero e proprio
procedimento giudiziale.

Tra i rilievi contenuti nell’istanza la mancanza di una fascia oraria per le visite mediche fiscali in caso di malattia, il non corretto pagamento degli straordinari, gli scatti di carriera mancati (dal 2021 al 2023) e una decisione assunta nel periodo del Covid, nel quale i Musei sono rimasti chiusi, ovvero un “avviso debito d’ore” per i dipendenti rimasti forzatamente a casa durante la pandemia, che ha determinato su ciascuno “un monte ore negativo”. Per ripagarlo viene trattenuta una somma dalla busta paga “fino all’esaurimento del debito”.

In pratica, in assenza di ammortizzatori sociali, a pagare le chiusure per il Covid sarebbero, anche se con un onere spalmato negli anni, gli stessi lavoratori. E chi nel frattempo è andato in pensione si è visto trattenere – riferiscono fonti dell’associazione dei dipendenti sottolineando che questo meccanismo è stato applicato anche in altri uffici che chiusero
per la pandemia – il “monte ore negativo” dalla liquidazione.

L’associazione, che conta oltre 500 dipendenti (sui 4mila totali) spera ancora nel “dialogo” e di non ricorrere agli  strumenti giudiziali come invece vorrebbero fare i 49 lavoratori dei Musei. Per questo si riunirà in assemblea a giugno. Ma è chiaro che la class action sotto le volte della Sistina potrebbe fare da apripista in un contesto di malessere diffuso.

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