Fallisce Thomas Cook: ponte aereo per rimpatriare turisti all’estero

Thomas Cook è fallito. Il tour operator britannico con 178 anni di storia non è riuscito a trovare un piano di salvataggio: il governo britannico si è rifiutato di partecipare a un salvataggio pubblico ma ha già annunciato di voler coprire i costi del rimpatrio dei clienti. Il gruppo cinese Fosun, che controlla Thomas Cook, si è detto deluso della decisione di procedere alla liquidazione dopo aver proposto un piano da 1,1 miliardi di sterline che prevedeva, fra l’altro, la conversione del debito da 2 miliardi in azioni e il passaggio del controllo delle linea area ai creditori. Un progetto che non si è concretizzato per i timori che la situazione fosse oramai compromessa presso la clientela che ha cancellato in massa le prenotazioni già effettuate.

Intanto è già partito il ponte aereo organizzato dal governo britannico e dalla Civil Aviation Authority (Caa) per rimpatriare i turisti. In totale vi sono quasi 600.000 clienti del tour operator attualmente in vacanza, 150.000 dei quali britannici inclusi 16.000 il cui rientro nel Regno era previsto per oggi.

Il ministro dei Trasporti, Grant Shapps, ha detto che sono pronti 45 aerei charter per sostituire la flotta Thomas Cook e la Caa prevede per stasera il rimpatrio d’almeno 14.000 persone. Per il Regno Unito si tratta della maggiore operazione di rimpatrio in tempo di pace. Nel 2017, a causa del crac della compagnia aerea britannica Monarch, occorsero in totale 567 voli, da parte di alcune decine di velivoli charter, per far tornare a casa circa 84.000 clienti.

Intanto le autorità britanniche hanno invitato i turisti bloccati – che si trovano fra l’altro nei Caraibi, in Turchia e nella Baleari – a non saldare il conto degli hotel prenotati tramite il tour operator senza prima aver consultato la Caa.

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