Dall’Asia all’Europa crescono i divieti per Uber

Non c’è pace per Uber. Il servizio per prenotare un’auto con conducente via smartphone continua ad attrarre investitori, ma insieme al business crescono anche i problemi in termini di concorrenza ai taxi e soprattutto di sicurezza dei passeggeri. Un tema ancor più pressante dopo l’accusa di stupro rivolta a due autisti in India e a Boston.

I divieti di portare avanti l’attività sono sempre di più, dagli Usa all’Europa fino all’Asia. L’ultimo caso è quello di Taiwan, secondo cui la compagnia ”viola la legge” perché non ha la licenza per operare nei trasporti e assume autisti anch’essi sprovvisti di licenza, mettendo a rischio i passeggeri. Altra questione spinosa è legata a UberPop, il servizio che consente di ottenere passaggi da privato a privato, senza licenze. Il servizio è stato recentemente definito ”illegale” dal ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, che ha sottolineato la necessità di garantire la sicurezza dei cittadini.   

Alle critiche Uber ha risposto annunciando una stretta sulla sicurezza con misure come lo sviluppo di tecnologie per verificare gli autisti attraverso il riconoscimento biometrico e l’uso di nuovi sistemi, inclusa la macchina della verità, per controllare il passato dei conducenti in quei paesi dove non è facile accedere alle fedine penali.   

Oltre a Taiwan, Uber è osservato speciale anche in Thailandia, Vietnam e Singapore. E Fuori dall’Asia le cose non vanno meglio. Il servizio è vietato nello stato Usa del Nevada, mentre nelle città californiane di San Francisco e Los Angeles sono in corso due cause civili. In Europa, Spagna e Francia hanno deciso di vietare le attività di Uber dopo le proteste dei tassisti, e il Belgio ha messo la società sotto la lente del fisco. In questo quadro la Commissione Ue ha più volte ribadito che la legislazione in materia compete agli Stati membri.

 

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