Fino ad oggi non si sono mai registrate crisi nella storia del comparto alberghiero paragonabili a quella che potrebbe verificarsi nel 2020 a seguito della pandemia da covid-19. L’impatto infatti sarà molto superiore alla sola perdita di camere di marzo ed aprile.
Secondo un’analisi svolta da THRENDS, società di consulenza specializzata in analisi e strategie nel settore Tourism & Hospitality, la crisi di domanda investirà soprattutto i mercati long-haul ed i prodotti turistici Mare, Città d’arte, Business Travel, cioè quasi tutti i principali segmenti per il nostro Paese.
Sulla base di 3 scenari riferiti alla possibile data indicativa del termine del lockdown nel nostro Paese (15 aprile, 30 aprile, 15 maggio), in ragione delle equivalenti misure nei principali paesi di origine per l’Italia, si delinea una perdita di presenze complessive che si colloca fra i 126 mln ed i 153 mln rispetto ai volumi alberghieri medi, attesi per il 2020 su base 2018 -2019.
I tempi della ripresa dei flussi alberghieri potrebbero molto differire: il mercato domestico seguirà un andamento più accelerato di quelli esteri, ma con volumi non certo equivalenti a quelli storici . Mercati esteri rilevanti per l’Italia potrebbero riscontrare limitazioni negli spostamenti e dimostrare maggiore percezione del rischio associato a viaggi intercontinentali.
Nel complesso, è possibile stimare un calo di domanda che si colloca fra il -45 % ed il – 55 % a seconda dell’evolversi e della durata delle misure di lock-down. Però, se le misure economiche messe in capo dai Governi sapranno incidere sull’economia reale alla base della domanda, nel 2022 i volumi potrebbero tornare vicini alla media dell’ultimo quinquennio.
Le proiezioni per il futuro della domanda per l’Italia sono chiaramente ancorate agli scenari di ripresa, quindi alla milestone (che ha valore pratico e psicologico) del termine del lock-down.
Ma aldilà di quale sarà questo termine, le più importanti cause che genereranno una riduzione dei volumi totali di domanda italiana ed estera, saranno:
Ferie: almeno per il mercato domestico, la domanda sarà in generale meno provvista di ferie in quanto molte aziende ed enti le hanno concesse a parziale copertura dell’attuale periodo di inattività. Il monte ferie sarà pertanto ridotto.
Rischio long-haul travel: per i mercati internazionali di lunga percorrenza sarà percepito come più rischioso, per un certo periodo, viaggiare verso paesi lontani, per i quali può configurarsi una difficoltà di rientro in caso di nuove urgenze.
Riduzione della capacità di spesa: è intuitivo che per molti mercati, fra i quali certamente il domestico, l’attuale interruzione delle attività produttive comporterà una significativa riduzione del budget per vacanze. Potrebbe generarsi maggiore domanda in segmenti di offerta più economici, ma in termini assoluti è un processo a somma negativa.
Riduzione della booking window: soprattutto per i mercati long-haul l’obbligata riduzione della booking window potrebbe innescare lo switch verso mercati più vicini dell’Italia. Se il tasso di cancellazione di questi mercati è stato alto, sarà molto difficile recuperare in toto i volumi storici per i mesi di giugno, luglio ed in parte agosto.
Indebolimento sistema di intermediazione: per ovvi motivi, il sistema di intermediazione (soprattutto classico) uscirà molto indebolito dall’attuale crisi e inizialmente non avrà tempo sufficiente per riallineare la propria programmazione per il 2020. Per gli hotel con forte quote di gruppi questo fattore determinerà un calo di domanda più che proporzionale.
Informazione sul riaffacciarsi dell’epidemia: la reazione della domanda proveniente dai mercati esteri sarà anche ancorata alle modalità con le quali si gestirà l’informazione sulle possibili, o meno, ondate di ritorno del virus e all’effettivo verificarsi di tale evenienza.
Contrazione dell’offerta: dato che i fattori di cui sopra potrebbero spingere molte aziende alberghiere a non riaprire nel 2020, si potrebbe innescare, paradossalmente, un ovvio meccanismo di contrazione della domanda dovuto a shortage di camere per molte destinazioni.
Va inoltre considerato che la crisi finanziaria che si è innescata con il Covid-19, potrebbe avere un effetto negativo sul business travel a livello globale e nel breve periodo potrebbe ridurre la domanda per l’Italia sui mesi di settembre ed ottobre che invece potevano ritenersi molto promettenti per il recupero dei numerosi eventi cancellati durante il primo semestre.
Qualora, come si auspica, il lock-down per l’Italia si concluda entro il 15 aprile, con una conseguente immediata ripresa delle attività produttive, la perdita per il sistema alberghiero italiano potrebbe aggirarsi intorno a 125 mln di presenze. Una riduzione del -45% sui volumi medi 2018-2019. Considerato il mix di mercati per l’Italia, usando una presenza media a camera di 2 persone, si tratterebbe di un calo di circa 63 mln di camere.
I suoi severi impatti si faranno sentire su indotto, sistema bancario, occupazione ma anche presso i Comuni: se anche si considerassero, come tassa di soggiorno, solo 3 euro a presenza, il più conservativo degli scenari comporterebbe incassi mancati presso i Comuni per almeno 375 mln di euro, escludendo quelli legati alla tassazione di altro tipo.
Quella dei prossimi mesi è una situazione molto complessa e l’analisi ha dimostrato che nulla ha a che fare con precedenti shock della domanda. Date però le sue cause ed il fatto che i Paesi potrebbero organizzarsi meglio nel corso del 2020, questa potrebbe essere una crisi di gittata molto limitata, quindi con effetto significativo sul solo 2020 ed inizi del 2021. Aspetto, quest’ultimo, che lascia ben sperare per il comparto nel medio termine.
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