Ottimismo per gli albergatori e gli operatori di case vacanze in Europa. Seppur con qualche ombra, tra caro-bollette, costi del personale e, in Italia, una certa sfiducia verso le politiche pubbliche. A raccontarlo è il Barometro Europeo delle strutture ricettive 2023, seconda edizione della ricerca di Booking.com su opportunità e sfide in Europa per l’alta stagione in corso, pubblicata in collaborazione con Statista.
Realizzato tra il 28 marzo e il 15 maggio 2023, il report racconta come, a fronte di livelli di occupazione e prezzi aumentati negli ultimi 12 mesi mediamente del +60% e +51%, quasi la metà degli operatori in Europa (46%) prevede che il 2023 sarà l’anno in cui si registreranno i guadagni più alti. Un sentiment commerciale in crescita anche in Italia, oggi condiviso da un professionista su due (49%), mentre a marzo era solo uno su tre (36%). Dato positivo anche sul tasso di occupazione delle camere, con il 49% delle nostre strutture che registra un +4% sullo scorso anno. Mentre per i livelli di occupazione, solo poco meno della metà (49%) degli albergatori dichiara un aumento.
Se il sentiment è comune, dunque, diversi sembrano invece i target su cui si punta: quasi due terzi (60%) delle strutture in Europa considera i viaggiatori internazionali fondamentali per l’estate e più della metà (51%) punta alla Generazione Z (ovvero i giovani nati tra fine anni ’90 e primi 2010). In Italia, invece, solo il 34% delle strutture considera i viaggiatori
internazionali fondamentali e solo il 26% punta alla Generazione Z.
Anche il crescente interesse dei consumatori verso prodotti e servizi sostenibili ha appeal diversi: è un’opportunità significativa per più della metà (53%) delle strutture ricettive in Europa, ma appena per il 28% in Italia. E mentre il machine learning e l’AI dominano i titoli dei giornali, solo l’8% degli operatori (5% in Italia) usa strumenti aziendali come chatbot e algoritmi di dynamic pricing. Questo nonostante il 60% (in Italia 65%) si senta preparato alla trasformazione digitale. Da noi, però, il 28% degli intervistati pensa di inserirli nei prossimi sei mesi, contro il 23% europeo.
Le ombre? Innanzitutto, spaventano la situazione economica generale (47% degli intervistati) e ostacoli come i costi
dell’energia (86%, in Italia 84%). Non a caso, in Europa il 58% degli operatori ha intenzione di investire in migliorie
dell’efficienza energetica (dato che si conferma in Italia con 59%), ma chiede più incentivi per accelerare la transizione (42% in Europa, 36% in Italia).
E poi c’è il tema dell’accesso ai capitali (36% in Europa, 39% in Italia) e la questione del personale, che rimane una priorità (in Europa nel 44% dei casi, in Italia 51%), con alcune differenze. Tra i nostri “vicini” stipendi e orari di lavoro sono generalmente identificati come principali cause della carenza di lavoratori qualificati. Da noi si punta più il dito sull’equilibrio lavoro-vita privata, stress, lunghi turni di lavoro e certezza dell’impiego. Ma non solo. Ciò che contraddistingue fortemente l’Italia dal resto d’Europa è che quasi la metà dei professionisti del settore (il 49%) crede che l’impatto delle politiche pubbliche sia controproducente o addirittura molto dannoso, rispetto al 20% che da esse si aspetta effetti positivi. Si tratta, in tutta Europa, della visione più pessimistica a riguardo.