Approfittare dei tagli di uffici dirigenziali imposti dalla spending review per rivoluzionare il ministero dei beni culturali, che ora comprende in sé anche il turismo, dotandolo di macchina organizzativa più moderna ed efficiente, più snella al centro e più forte in periferia. Il nuovo assetto proposto per il Mibact rientra nel dossier stilato da una commissione di 20 saggi a cui il ministro Massimo Bray ha chiesto una rivisitazione del ministero per rilanciarlo. E nelle 88 pagine del corposo dossier, riassunto dal presidente giurista Marco D'Alberti, gli spunti di cambiamento sono tanti. "Un ottimo lavoro", lo ha definito Bray che ora ha tempo fino al 31 dicembre per decidere concretamente cosa fare.
Frutto di due mesi serrati di lavoro, otto sedute e 29 audizioni, il dossier stilato dai saggi (tra loro anche il presidente della Biennale Paolo Baratta, lo storico dell'arte Tomaso Montanari, il professore Lorenzo Casini) presenta al ministro diverse ipotesi di intervento, quasi tutte, sottolinea D'Alberti, "realizzabili senza la necessità di un intervento legislativo", quindi più in fretta.
La spending review, ‘dato imprescindibile', impone di ridurre gli uffici dirigenziali dagli attuali 29 a 24. Da qui la necessità di tagliare. L'ipotesi più condivisa punterebbe a ridurre a 10 le direzioni generali centrali e a 14 (ora sono 17) le direzioni regionali. Potrebbe essere abolita la direzione per la Valorizzazione, introdotta dall'ex ministro Sandro Bondi per Mario Resca e potrebbe essere superato, secondo alcuni, anche l'ufficio del segretario generale. Niente tagli, invece, per le soprintendenze.
In particolare, grande attenzione viene riservata all'innovazione con tre direzioni dedicate a sistemi informativi e digitalizzazione, formazione continua del personale e 'contratti e bilancio', alle quali si aggiungerebbero spettacolo e turismo (con una o forse due direzioni), oltre ad un ufficio di staff del ministro che si occupi di controllo e pianificazione strategica.
Per la tutela invece "l'idea forte – spiega Montanari – è di dare piena autonomia a tutti gli istituti sul territorio (musei, scavi, archivi, biblioteche etc), facendoli dipendere da una Direzione generale centrale a loro dedicata. Le Soprintendenze dipenderebbero da una Direzione per il Patrimonio, organizzata a sua volta per funzioni (tutela ed educazione, per esempio). Le Direzioni regionali, infine, dovrebbero diventare gangli di coordinamento amministrativo, restituendo alle soprintendenze la possibilità di fare tutela e fare ricerca".
Un capitolo importante riguarda il rapporto fra pubblico e privato: al pubblico andrebbe la direzione scientifica, tecnica e didattica. Al privato (non solo imprese ma anche cooperative di giovani) funzioni di "supporto organizzativo e gestionale nel rispetto della direzione tecnico scientifico".
E questo vale anche per il tasto delicato delle Mostre, per le quali, si legge nella relazione, vanno distinte l'ideazione, la programmazione, il vaglio della scientificità. Un capitolo a parte poi riguarderà i musei.
Accolta con evidente favore dal ministro, infine, anche l'idea di aprire una alta Scuola del patrimonio, sul modello dell'analoga Ecole francese, destinata alla formazione specialistica di funzionari e dottorandi.