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La Venere tornata in Sicilia, ma è solo valorizzazione senza valore

Rosy Giangreco archeologa

Il rientro della Dea di Morgantina dal Paul Getty Museum di Malibù in California, dove è stata acquisita nel 1988 e dove ogni anno era visitata da milioni di turisti, è stato l'evento culturale più atteso degli ultimi anni in Sicilia. L'impressione che alcuni addetti ai lavori avevamo, cioè di un grande pallone aerostatico che, come è già accaduto per gli acroliti di Aidone, potesse smontarsi all'indomani della cerimonia di benvenuto della stessa, è accaduto. L'esposizione per parecchi mesi al Quirinale, con le conseguenti conferenze alla presenza della stampa internazionale, che avrebbe consentito alla statua una visibilità mediatica eccezionale sui quotidiani di tutto il mondo, fu stoppata dalle autorità locali, sindaco di Aidone in testa. La Dea doveva subito rientrare, senza se e senza ma.

È inutile raccontare le cronache degli ultimi due anni. Non ci sono visitatori e quella che era un'attrattiva di interesse internazionale è solo una importante scultura statuaria di cui nessuno ricorda più la presenza. Bisognerebbe mantenere vivo l'interesse per queste opere, che sono tra i pochi originali superstiti, tramite l'organizzazione di una sana attività didattica e promozionale in Italia e all'estero, che rientri nei programmi di valorizzazione, oltre all'organizzazione di mostre  itineranti nelle quali, però, l'opera non sia freddamente muta ma, grazie ad una giusta organizzazione dell'evento, sia in grado di dialogare con i visitatori.

Il rientro della Venere avrebbe dovuto essere inserito nel progetto, mai realizzato, di valorizzazione del parco archeologico di Morgantina, unica ad essere intatta in Europa, prototipo delle poleis ellenistiche del Mediterraneo. Invece, nessuno ha visto l'evento in sinergia con Morgantina.

La Venere rimane lì, silente, ad aspettare, con le sue due agorà, i suoi mosaici, che nessuno sa che sono i primi a comparire in Sicilia, le sue stoà, schiacciata dall'ombra della Villa Romana del Casale. Sito peraltro ancora fruibile in parte, oggetto di continue controversie tecnico-politiche in materia di copertura, nonostante le decine di milioni di euro spesi e il biglietto unico imposto per "la rivoluzione" che, invece di rilanciare i due siti, sta penalizzando il settore e mortificando l'economia locale già asfittica.

Si può oggi rimediare agli sbagli di ieri? Proviamoci. Certo, piuttosto che una regione a statuto speciale, la Sicilia sembra, negli ultimi tempi, sempre più spesso, una signoria, dove rivoluzionari e mecenati si alternano imponendo il loro punto di vista, senza confronto e senza contradditorio. Si può considerare valorizzazione quella che prevede la tutela di un bene e l'oblio di un altro, posto a distanza di solo qualche chilometro? E' solo valorizzazione senza valore.