Per dare un contenuto concreto al concetto di turismo, inteso come “arricchimento culturale”, sotto l’egida di ogni tipo di religione, sembra indispensabile avviare un discorso riguardante i contatti umani ed i contatti tra uomini e cose, che si creano attraverso le grandi emigrazioni di masse. Nella stesura di questi concetti, desidero però rimanere ancorato, in ogni caso, ai soli fattori relativi al turismo.
Volendo sviluppare l’idea, a proposito del concetto di “immagine turistica”, occorre partire dalla considerazione della situazione delle vacanze, come una “utopia concreta”. Il problema va considerato a monte, nel senso che conviene analizzare anzitutto, se e fino a quale punto questa sorta di “integrazione” sia pure temporanea, si effettua o può effettuarsi fra i turisti e gli indigeni, soprattutto ove si tratti di turisti stranieri; si tratta cioè di vedere in che senso debba intendersi il desiderio di molti viaggiatori di conoscere le aree nelle quali si recano ed in che senso ed in quali limiti sia possibile ottenere quei “contatti umani” e quei contatti uomini-cose che costruirebbero la base di quella che è stata chiamata “cultura turistica”.
Ovviamente si prescinde, trattandosi di nozioni diverse, dal cosiddetto turismo culturale, che è quella particolare categoria di emigrazioni umane, che si muove per scopo di cultura. La cultura turistica, è in sostanza una sorta di arricchimento delle proprie esperienze e delle proprie nozioni, che si ottiene attraverso la pratica del turismo e della conoscenza che da esso deriva.
Quando si adopera la parola “integrazione” non la si può intendere esclusivamente a proposito delle emigrazioni umane , come avviene ai nostri giorni, in quanto comporta ben diversi e più gravi problemi, ma la si deve intendere nel più limitato senso di “inserimento” nei limiti del consentito e del possibile “sistema di vita” che comprende lingua, abitudini, caratteristiche, usi e costumi. Il discorso si allarga verso le più disparate classificazioni, essendo possibile ipotizzare turisti integrabili e non integrabili, isolati e non isolati, che desiderano partecipare e partecipano alla vita locale, ovvero deliberatamente si rifiutano di parteciparvi; accontentandosi della fruizione di alcuni beni liberi, nonché della posizione dei poteri pubblici.
Alcuni ricorderanno o avranno studiato sui libri di storia che nell’immediato dopoguerra (1945) in Italia, le autorità di occupazione, precludevano l’ingresso in determinati quartieri della città, così come in alcune città industriali , gli emigranti per lavoro venivano emarginati per spontanea decisione delle popolazioni locali, che non accettavano l’intromissione degli esterni anche se imposta dai poteri pubblici.
Allargando il discorso alle cose, cioè ai beni che si trovano nei territori del soggiorno, molti di questi sono aperti a tutti e non precludibili. Un esperimento d’integrazione, a favore del turismo, è stato già da molto tempo tentato nei paesi scandinavi, facendo partecipare a specifici programmi le famiglie indigene. Certi rapporti di reciproca conoscenza tra persona e persona hanno dato esiti soddisfacenti, mentre in casi di più complicata fattezza hanno turbato la privacy di famiglie e comunità, scatenando gelosie di ogni tipo. Esclusivamente le persone più istruite hanno accettato reciproci scambi di conoscenze, facendo spesso ricorso al bagaglio culturale posseduto e che ha permesso di elaborare soluzioni utili alla convivenza.
Sotto questo aspetto è possibile dedurre che soltanto un soggiorno ben articolato sul territorio prescelto, potrebbe determinare, un inserimento dello straniero nel sistema di vita degli indigeni; o perlomeno, pur senza adoperare il termine “inserimento” in determinate condizioni lo straniero , pur senza inserirsi nel loro sistema di vita, potrebbe cercare un “modus vivendi” che possa assimilarlo alla località ed alla popolazione.
Quanto scritto vale per il comparto turistico. Per gli avvenimenti estranei, necessitano ulteriori valutazioni!