“Sono un ristoratore di Torino. E sono appena arrivati sul mio conto i soldi del Decreto Ristori. Con 5 giorni di anticipo sulla data prevista. Non scrivo l’entità della somma perché non voglio spiattellare pubblicamente quanti soldi abbiamo ricevuto. Non sono pochi, anzi per quanto riguarda l’economia del nostro ristorante sono sufficienti a coprire il mese previsto al momento di chiusura forzata. E direi che se come ristorante hai battuto scontrini e hai dichiarato il giusto, la somma è corretta (è il doppio di quella ricevuta a primavera). Se ci aggiungiamo il prolungamento della cassa integrazione per i dipendenti, la detrazione fiscale del 60% degli affitti di ottobre, novembre e dicembre e la sospensione dei contributi e delle rate di eventuali finanziamenti, direi che per noi lo Stato ha fatto abbastanza. Se poi il periodo si allungherà ci sarà ovviamente bisogno di altro. Nelle ultime settimane a noi proprietari di bar e ristoranti sono state rivolte le stesse attenzioni e la stessa solidarietà che a marzo-aprile erano toccate, giustamente, ai medici e agli infermieri. E io mi sono un po’ vergognato di questo e del vittimismo, spesso pretestuoso, di tanti miei colleghi“. E’ quanto ha scritto sulla propria pagina Facebook Dimitri Bianchi. Un post che è stato condiviso da alcune testate giornalistiche e che ha suscitato particolare interesse nel comparto, sollevando anche qualche critica.
E a queste critiche Bianchi risponde in un post successivo: “Il mio discorso era circoscritto a questa specifica fase, non me lo rimangio, ma non è universale ed è valido comunque, come ho scritto, fino ai primi di dicembre. Se la chiusura forzata si protrarrà, come è possibile che succeda, avremmo bisogno di ulteriori risorse a fondo perduto per tenere vive le nostre aziende. La mia è stata una testimonianza che sicuramente è vera per tanti, ma non per tutti. Non ho mai voluto parlare a nome di un’intera categoria né tantomeno accusare qualcuno e suscitare risentimento e polemiche. Siamo un settore in profonda crisi economica, dentro un paese (e un mondo) che fatica a trovare soluzioni, risorse e risposte adeguate agli enormi problemi causati da questa pandemia. Quasi sicuramente nessuno di noi imprenditori del settore di cui faccio parte, purtroppo, uscirà da questa fase senza averci perso parecchi soldi ed energie. Ci sono colleghi che hanno già chiuso le loro attività. Detto questo, che mi premeva più di tutto il resto, ribadisco che per la mia categoria imprenditoriale questa volta il Governo ha agito tempestivamente e con uno sforzo adeguato al periodo previsto di lockdown (per lo meno nella maggioranza dei casi). Vivo in Piemonte, zona rossa, vi scrivo da questa prospettiva. Il mio ragionamento è semplice: se a fine ottobre non fossero stati presi quei provvedimenti di chiusura, con il progressivo e ulteriore aggravarsi dell’epidemia noi ora avremmo i locali sempre più vuoti (perché la gente autonomamente decide di uscire meno e di evitare certi ambienti) e gli incassi sarebbero così bassi da non riuscire a far quadrare i conti. E in una situazione come questa, con quasi seicento morti in un giorno e gli ospedali in enorme difficoltà, davvero avrebbe senso e sarebbe giusto rimanere aperti? A me non pare che siamo nelle condizioni di poterlo fare. Meglio, anche economicamente, stare chiusi ed avere un indennizzo che ci permetta di superare questo mese“.