Non solo i canoni demaniali. Le aziende balneari siciliane devono sostenere ogni anno un peso fiscale sempre maggiore. A sollevare il problema è Assobalneari con una nota firmata da Carmelo Luca Maimone, coordinatore regionale.
"Proprio in tempi recentissimi – si legge – ai concessionari è stato imposto l'accatastamento delle strutture precarie da loro installate all'interno dei lidi, con l'attribuzione di una rendita stimata ed il conseguente pagamento dell'Imu, trasformando di fatto il concessionario nell'unico ‘inquilino' che paga l'imposta sul possesso di un immobile. Oltre al canone demaniale, ai costi per il personale, al servizio di salvamento e di pulizia giornaliera degli arenili e delle strutture logistiche, sule aziende balneari gravano i costi relativi agli oneri tributari (IRPEF, IRES, IRAP, TARSU, IMU, IVA al 21%), energia elettrica, idrica, ecc. e i costi per montaggio,smontaggio, ripristino dei materiali usurati, tinteggiatura annuale delle strutture lignee e manutenzione delle attrezzature balneari (lettini, ombrelloni, sdraio, ecc. ).
Persino l'Agenzia delle entrate ha effettuato lo scorso anno una riduzione sulle tabelle di ricavo presuntivo contenute negli studi di settore. Ed una ulteriore riduzione pare annunziarsi per l'anno in corso. Assolutamente inquietanti oltreché fuorvianti appaiono in tal senso le comparazioni effettuate dalla stampa regionale tra le cifre corrisposte dai singoli concessionari come canone ed i ricavi conseguiti dalle stesse imprese.
Dunque – sottolinea Maimone – aumentare in maniera irragionevole i canoni demaniali, così come proposto dalla Regione, significa cancellare centinaia di micro e piccole aziende. Non dimentichiamoci, poi, che sulle aziende balneari grava ancora la spada di Damocle della direttiva Bolkenstein che nel resto d'Italia è stata rimandata prorogando le concessioni sino al 2020 ed in Sicilia non è stata recepita. Se tale questione non verrà adeguatamente risolta, porterà la maggior parte dei concessionari demaniali a perdere le attuale concessioni.
In un periodo di crisi profonda come quella che sta attraversando il nostro paese non è ragionevole pensare di risollevare l'economia con ulteriori balzelli per le imprese, già agonizzanti, che ancora resistono. Al contrario bisognerebbe pensare ad una politica di sostegno che permetta di uscire dal guado.
Inoltre è impensabile che le nostra aziende possano aumentare il loro fatturato grazie alla paventata destagionalizzazione. Le condizione per rendere balneabile il nostro mare non si creano con un semplice decreto, ma, ad esempio, cominciando a risolvere il problema di tutti i corsi d'acqua che durante l'anno scaricano reflui fognari e industriali a mare e vengono bloccati solo durante il periodo estivo grazie all'impegno dei concessionari privati.
Solo sulla base di queste considerazione – conclude la nota – si potrà avviare un percorso costruttivo che porterà a risanare sia le casse della Regione che quelle delle imprese".