Alla fine i giudici amministrativi «salvano» il regolamento antievasione del Comune di Palermo. La terza sezione del Tar, infatti, ha respinto la domanda cautelare di un’azienda alberghiera che aveva contestato l’applicazione della sanzione accessoria (oltre quelle economiche per morosità e interessi) che consisteva nella chiusura per 90 giorni della struttura in centro storico (vedi news).
Inizialmente, il tribunale aveva sospeso il provvedimento in attesa di potere esaminare nel merito la questione e anche perché a difendere le ragioni dell’amministrazione non c’era nessuno. La nuova ordinanza non lascia spazio a equivoci legittimando quanto fatto dall’amministrazione.
Secondo quanto scrive Gds.it, il Suap nei confronti della Serenissima srl che non aveva pagato la Tari (700 mila euro), aveva disposto la chiusura dell’hotel. I legali di parte avevano posto dubbi anche sulla legittimità del regolamento che prevede perfino il ritiro della licenza in caso di ostinata volontà a non pagare. La grande preoccupazione che serpeggiava era che potesse naufragare il regolamento e non potesse applicarsi proprio mentre il Comune ha in ballo accertamenti milionari in corso che possono tradursi in incassi sotto lo spauracchio del ritiro delle licenze.
Si legge nell’ordinanza, tra le ragioni che hanno portato a dare ragione a Palazzo delle Aquile, “non risulta sussistente alcuna sproporzione tra il debito tributario che grava sulla società ricorrente e la sanzione che il Comune ha previsto (chiusura per tre mesi, ndr) ed irrogato, anche avuto riguardo alla consistenza del debito contestato di oltre 668.000 euro”.
Non solo, ma secondo i giudici “la circostanza che il detto debito tributario attenga a cespiti aziendali diversi da quelli destinati all’attività di cui è stata disposta la sospensione non ha alcun rilievo, posto che la sanzione trova applicazione in presenza di un’irregolarità tributaria riferibile al contribuente, non richiedendo – né la normativa nazionale, né il regolamento comunale – una connessione tra il presupposto dell’obbligazione tributaria rimasta inadempiuta e l’attività economica di cui si dispone la sospensione”. La Serenissima è stata anche condannata al pagamento delle spese.