Malgrado i numeri positivi, che anche nell'anno della crisi non sono mancati, Capri sembra vivere un rapporto sempre più difficile con un turismo che negli ultimi anni è cambiato profondamente. Lo rivela un rapporto Censis che, a distanza di venticinque anni, è tornato ad interrogarsi sulle prospettive di crescita e sulla sostenibilità dello sviluppo turistico dell'isola, elaborando quello che è stato definito "Un manifesto per Capri". Il Censis scrive che l'isola azzurra non è rimasta immune a quel logorio di immagine che caratterizza tante delle più note destinazioni turistiche e la funzione del Manifesto per Capri dovrebbe essere principalmente quella di far emergere "una cultura imprenditoriale ed amministrativa più dinamica, ed attraverso la ricerca individuare le vie rispetto alle quali gli operatori e le amministrazioni saranno chiamate a compiere le proprie scelte. L'isola continua ad essere, per i capresi, una fonte inesauribile di ricchezza, quindi sta solo alla loro esclusiva volontà decidere se continuare ad attingere o mirare alla sua preservazione mettendo a frutto e valorizzando le tante opportunità che può ancora offrire". E se lo stesso Censis raccomanda di puntare sulla pluralità di turismi che "rappresenta un tipo di ricchezza al quale l'isola non può rinunciare, e soprattutto perché attorno alla pluralità dei turisti è andata negli anni crescendo e consolidandosi una rete articolata di microeconomia vitale per l'isola". La proposta è quella di mantenersi destinazione esclusiva ma non escludente. Un'idea non raccolta dall'ex presidente di Confindustria, Antonio D'Amato, secondo il quale l'isola non può diventare un oggetto di marketing a tutti i costi, e deve fare una scelta fissando il tetto massimo degli arrivi giornalieri.