Polemica sui souvenir ‘made in Milano’ fatti in Cina

Il Pd denuncia il caso e l’amministrazione comunale incassa il colpo

Nonostante il logo riporti la scritta ‘made in Milano', tutti i gadget del capoluogo milanese riportano la dicitura ‘made in Bangladesh', ‘Cambodia' o ‘Cina'. Il caso sollevato dal Pd non solo crea imbarazzo tra l'amministrazione comunale ma è ancor più scomodo essendo stato gestito dall'unico assessorato del Comune in mano alla Lega Nord. "A Milano ci sono 4mila imprese tessili – ha spiegato Pierfrancesco Maran, consigliere comunale del Pd – ci sembra imbarazzante che prodotti che portano il marchio ‘design 100% made in Milan' siano fatti nel Sud Est asiatico. Ancor più imbarazzante che a promuoverli sia un assessore della Lega, un partito che vuole difendere il territorio, ma solo a parole. Delle decine di prodotti con il marchio Milano – ha aggiunto Maran – siamo certi che sia al 100% italiano solo il panettone".
"Le leggi di mercato ci dicono che solo se ti affidi a una grande impresa di distribuzione – ha detto Alessandro Morelli, assessore al Turismo – i tuoi prodotti finiscono in tutto il mondo. Ed è quello che abbiamo fatto, nel rispetto di 3 principi: la promozione della città, l'alta qualità delle merci, e la loro distribuzione nei circuiti commerciali internazionali".
Dal canto suo Letizia Moratti, sindaco di Milano, ha promesso una maggiore attenzione al made in Italy per i souvenir. "Ci sono già tante aziende milanesi e lombarde che hanno prodotto e producono i nostri prodotti – ha affermato – Naturalmente possiamo intensificare la possibilità di dare lavoro alle nostre imprese, sempre in un ottica di mercato libero". Non sembra turbato dal caso il leghista Matteo Salvini: "abbiamo già chiesto all'impresa che ha la licenza per il brand di Milano – ha affermato – di rivolgersi solo a aziende milanesi e lombarde".

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