“Non capisco chi parla di decreto legge sugli affitti brevi, visto che io sono il ministro e ho sempre detto che doveva essere un disegno di legge. Mi sto molto impegnando su questo argomento, che ci voglia una regolamentazione è cosa certa. Ne ho già parlato e lo ripeto: è una materia complessa dove nessun altro ha mai voluto mettere le mani. Non è una questione di governo, è giusto che lo faccia il Parlamento e che si arrivi a un testo condiviso”. Lo ha detto all’ANSA il ministro del Turismo Daniela Santanchè, ponendo fine alle polemiche sulla regolamentazione degli affitti brevi.
Da tempo la ministra si sta confrontando con i rappresentanti delle molte parti in causa di questa vicenda, dagli oltre 30mila albergatori ai 600mila proprietari di appartamenti passando per sindaci e amministratori locali vari e, nonostante le difficoltà, si era giunti a una bozza di ddl che prevedeva tra i punti chiave l’introduzione di un codice identificativo nazionale (Cin), il Minimum Stay di due notti nei comuni capoluoghi delle città metropolitane (per i soggiorni di una notte, quindi, l’unica soluzione possibile sarà ricorrere alle strutture ricettive tradizionali), il limite di due appartamenti che lo stesso proprietario può destinare all’affitto breve, gli obblighi di dotazioni di sicurezza, anti incendio e per il monossido.
Ma poi nella maggioranza sono emerse divergenze tra le quali quella del vicepremier Matteo Salvini: “La proprietà privata – ha spiegato – è sacra e riguardo alla questione degli affitti brevi ognuno deve essere libero di decidere come mettere a reddito il proprio immobile. Un proprietario di casa, di 2, 3, 4 e 5 appartamenti, nel mio paese deve essere libero di metterli a reddito come meglio crede”.
Al vicepremier ha replicato il vicepresidente nazionale di Confturismo, e presidente di Confturismo Veneto, Marco Michielli: “Sul fatto che la proprietà privata sia sacra ‘nulla quaestio’, solo che questa incontra ben noti limiti dal contratto sociale su cui si fonda la nostra come le altre democrazie. Non è dato che nella mia proprietà io possa esercitare attività contrarie al pubblico interesse o lesive di altrui interessi”.
“La questione ‘affitti brevi’ – ha aggiunto Vittorio Messina, presidente Assohotel Confesercenti – deve essere affrontata senza preconcetti. Non si vuole limitare la libertà altrui, ma esiste un problema di squilibrio evidente – in termini di oneri fiscali, normativi e quant’altro – tra le diverse forme di ricettività. È necessario eliminare ogni incertezza normativa ed ogni forma di concorrenza sleale. Il mercato degli affitti brevi si è sviluppato in un clima di deregulation che ha prodotto gravi squilibri nel comparto ricettivo italiano. Ad essere favorite sono state le non-imprese, a tutto svantaggio delle attività imprenditoriali vere e proprie, che sostengono costi maggiori per essere in regola con la normativa e sono sottoposte ad un prelievo fiscale più oneroso. Non dimentichiamo che negli ultimi dieci anni sono scomparsi 2.790 hotel a uno e due stelle, perlopiù alberghi e pensioni a gestione familiare”.